Un autore e un libro, da riscoprire! Cominciamo dal libro: si chiama Memorie di un baro è appena stato pubblicato da Adelphi nella splendida traduzione di Davide Tortorella e si apre con un raffinato esercizio di black humour. Punito per un furterello, il protagonista bambino viene mandato a letto senza cena. Una fortuna. Perché, dopo essersi spazzolati a tavola una vagonata di ottimi funghi, ma velenosi, gli undici membri della sua famiglia muoiono tutti uno appresso all’altro. Rimasto solo in questo mondo crudele, il nostro piccolo eroe commenterà: «Ero vivo perché avevo rubato. Di lì, la conclusione che gli altri erano morti perché erano onesti».
Fuori l’autore! Si chiama Sacha Guitry. Figlio dell’attore Lucien Guitry e dell’attrice Renée Delmas de Pont-Jest, Sacha nasce il 21 febbraio 1885 a San Pietroburgo durante una tournée teatrale. Nel 1889, la coppia si separa e Lucien conduce Sacha in Russia, dove lo fa debuttare sulle scene. Sacha ha solo cinque anni e diventa il beniamino di San Pietroburgo. Dotato per il disegno, è nella caricatura che si afferma il suo talento. Nel corso degli anni, scrive per il teatro, a cominciare dal 1902, oltre 130 copioni, dal dialogo vivace e spiritoso, in massima parte da lui stesso interpretati. Tra i più noti, oltre a varie biografie sceneggiate (Deburau, 1918; Mozart, 1925), si ricordano Le veilleur de nuit (1911), Mon père avait raison (1919), Quand jouons-nous la comédie? (1935). Dal 1935 approda anche al cinema.
Le roman d’un tricheur (1936) è un film che ho visto tanti anni fa. La storia era molto divertente: dopo essere scampato alla famosa strage dei funghi, finisce sotto tutela di un cugino della madre, notaio, che si incarica della sua educazione, non per magnanimità ma per sottrargli tutto ciò che resta del patrimonio famigliare. Disperato per le vessazioni continue a cui è sottoposto dal cugino e da sua moglie, il ragazzo scappa e finisce a fare il fattorino in un albergo di lusso. Qui, per la prima volta in vita sua, scopre che esistono delle persone ricche e, in particolare, che la ricchezza gli piace. Dopo varie peripezie, decide di praticare il solo mestiere in grado di tenerlo lontano dalla disonestà: quello di croupier.
La fama di autore cinematografico la si deve a François Truffaut, che sui «Cahiers du cinéma», nel 1954, difese il film Si Versailles m’était conté, riuscendo poi a convincere delle sue tesi anche il resto della redazione, inizialmente piuttosto riluttante. L’omaggio di Truffaut al regista appena deceduto, sempre sui «Cahiers du cinéma», fu una sentenza lapidaria: «Guitry fu un grande cineasta realista». Secondo Truffaut Guitry era riuscito a controllare e a dominare la tecnica cinematografica, ma non al punto da far ridere con un movimento di camera, come Ernst Lubitsch, o a commuovere con un ampio piano, come Jean Renoir. Il peculiare «tocco» di Guitry risiede in un piacere affabulatorio che si traduce nella fantasia della forma filmica. I suoi film sono costruiti con la tecnica del cinema muto, resi vividi e parlanti da una tecnica nuova: la voce fuori campo. Orson Welles la utilizzerà nel suo capolavoro Citizen Kane, e sarà lui a riconoscere a Guitry la primogenitura.
Ebbene, il libro è ancora più bello del film, in ogni pagina spira l’allegra leggerezza che l’autore metteva nelle sue commedie, lavorare lo divertiva più di ogni altra cosa. Come scrive Edgardo Franzosini a proposito della trama nella nota che accompagna il romanzo: «Quarant’anni della vita di un uomo al quale le proprie azioni disoneste procurano la felicità, e che viene immediatamente abbandonato dalla fortuna allorché decide di emendarsi. L’universo che farà da sfondo alla storia è quello delle sale da gioco, dei casinò. Luoghi che frequenta da sempre (…) E in cui si muove un’umanità che ha tic, superstizioni, ossessioni che sono anche suoi».
Il nostro antieroe ha le idee chiare sul valore dei soldi: «Essere ricchi non è avere soldi: è spenderli… se volete una banconota vi renda i 5 franchi del suo titolo dovete spenderla, altrimenti è solo un pezzo di carta. Per questo si trasferisce a Montecarlo, dove resterà 18 anni, dal 1899 al 1917, dopo aver denunciato un gruppo di rivoluzionari russi che lo avevano contattato per organizzare un attentato allo Zar Nicola II. Nel principato di Monaco diventa croupier e perde la verginità con una ricca contessa cinquantenne, conosciuta ai tavoli da gioco. Non dico altro, altrimenti sarebbe spoiler.