Marco e moglie arrivano a Beckenried (Canton Nidvaldo). Sono in visita da amici, una coppia con cui si incontrano di tanto in tanto nei weekend. Parcheggiano l’auto nel garage condominiale, tolgono una piccola valigia, dei fiori e aprono la porta che immette nell’atrio del lift dello stabile. Di fronte a loro, appesa alla rampa delle scale, trovano una bandiera svizzera due metri per due con al centro del bianco della croce la scritta «Bravo Marco». Alcuni secondi di stupore: che genialata, che amici, essere salutati in questo modo e complimentati per una personalissima vittoria! Di nuovo pochi secondi e, vedendo sul rosso della bandiera decine di firme oltre a quelle dei loro amici, nasce il dubbio che forse… Infatti la conferma giunge dagli amici: «Vista la bandiera? L’abbiamo appesa perché rientra dai mondiali Marco Odermatt. I genitori abitano qui e ora ha un appartamento anche il figlio». Tutto chiaro: quel «Bravo Marco» era rivolto al ben più illustre omonimo. Tuttavia anche il nostro Marco, ticinese di Cham (Canton Zugo), amico dai ruggenti anni venti (nostri, in grigioverde) sino agli incombenti anni ottanta (nostri anche quelli), un «Bravo» se lo merita. E di sicuro anche voi non tardereste ad assegnarglielo, conquistati dal suo «savoir faire» tipico dei ticinesi che hanno passato quasi tutta la loro vita «indenta» (un «unicum» sociologico tutto da scoprire in Svizzera) ma badando a salvaguardare e conservare le proprie radici (per radici non intendo solo il dialetto o le atmosfere da grotto, ma piuttosto quella che Michele Serra ha magistralmente definito «potente lega di diversi metalli», composta da valori che ingabbiano e allo stesso tempo sorreggono, una «ticinesità» sempre più in via d’estinzione).
Del «ticines d’indenta» Marco impersona molte peculiarità, sovrastate da un umorismo che riesce a spandere su tutto, dalle vicende personali ai fatti di cronaca ricavati dal «Corriere» o dalle info tv, come pure dalle quotidiane telefonate con cui cerchiamo di puntellare gli anni di pensione che stiamo accatastando insieme. Refrattario ai social, spesso tagliente nei giudizi e talvolta un po’ ruvido nelle critiche: soprattutto quando dai suoi discorsi emerge un Ticino diverso e spiazzante per chi lo vive tutti i giorni. Chi incontra questi suoi tratti e rimane irretito nelle sue ragnatele aneddotiche, approda comunque e sempre alla simpatia. Proprio come è capitato a me e ad altri compagni in grigioverde che con lui da mezzo secolo portiamo avanti vincoli di amicizia. Come si fa a non provare ammirazione per un Marco che, nel pieno di una manovra militare, tutti ormai convinti che i capi ci avessero davvero dimenticati in un bosco del Toggenburgo, convince un commilitone motociclista e parte, deciso, a fare le sue personali manovre? Dapprima beato flaneur con moto al seguito e una scia di aperitivi in attesa nelle ridenti borgate dell’altipiano sangallese; poi raffinato viveur che prolunga la sua parentesi di comodità in tenuta d’assalto pernottando in un albergo; infine rassegnato prisonnier per una tre giorni di carcere militare?
Era l’esordio. Mezzo secolo dopo potrei riempire un libro di aneddoti che l’amico ha inanellato passando da «bocia» alla Brown Boveri di Baden alle stanze manageriali di una multinazionale europea, lasciando sterminate impronte in giro per il mondo, spesso in compagnia della moglie Chris e sempre sorretto dalla buona stella di un savoir faire fuori dal comune, forse perché sempre sorretto da un inesauribile e contagioso savoir faire rire. Invece mi tocca chiudere qui il mio racconto. Non senza rivelare come mai un tipo «sgamato» come lui abbia potuto pensare, sia pure solo per un momento, che quel «Bravo Marco» e la bandiera fossero per lui... Quella sera, dopo tanti mesi e soprattutto dopo tante e dure prove superate, tra cui un lungo ciclo di chemio, per la prima volta era in uscita con la moglie «come ai bei tempi». Detto questo, so che mi capirete se, rubando qualcosina all’importanza del Marco mondiale di Beckenried, suggerisco che il «Bravo» sulla bandiera valga anche per il Marco «ticines d’indenta» di Cham.