Cara Silvia,
ti ho incontrata per caso leggendo la Stanza del dialogo a casa di mia mamma, fedele abbonata ad «Azione», e sono rimasto colpito dalla tua saggezza ed è proprio di saggezza che ho bisogno. Ora ti spiego. Mi sono separato da mia moglie quattro anni fa quando il nostro unico figlio, Edoardo, aveva cinque anni. Era un bambino tranquillo, affezionato anche a me, benché per lavoro fossi spesso lontano. La separazione non è stata facile perché mia moglie, che pure l’aveva chiesta, si è mostrata subito intransigente: voleva il figlio, la casa e un’ingente somma di mantenimento. Ed è anche per questo che ho accettato un lavoro ben pagato in Qatar. Telefonavo a casa due volte la settimana ma il bambino si mostrava sempre più insofferente e la nostra conversazione sempre più stentata. Mia moglie, dal canto suo, non faceva nulla per incoraggiare il nostro rapporto e, quando tornavo, trovava mille pretesti per intralciare i nostri incontri. Nonostante queste difficoltà, mi considero un padre responsabile e, tornato in Svizzera, sto cercando in ogni modo di recuperare il rapporto con mio figlio. Penso che tra poco inizierà l’adolescenza e voglio esserci. Ma come posso convincere mia moglie che non è per ripicca ma per il bene del ragazzo che pretendo di essere accolto? Mi può aiutare, la prego?/ Luca
Caro Luca,
prima di «pretendere» meglio chiedere e, se non troverà un accordo amichevole, passare alla mediazione o alle vie legali.In questo momento forse la cosa migliore è ch’io mi rivolga direttamente a sua moglie, una donna che deve essersi sentita abbandonata e che ora dovrebbe essere così generosa da aiutarla a riprendere il suo posto. Ma quale posto? Si tratta di una posizione paterna simbolica e affettiva più che logistica. E che tuttavia cambia profondamente il preesistente rapporto madre-figlio. Una riorganizzazione dei tempi e dei modi difficile ma auspicabile per sostenere l’evoluzione di Edoardo verso l’età adulta.
Cara Signora,
credo che lei abbia avuto seri motivi per chiedere la separazione ma ora, anche se il rapporto con suo marito è finito e non siete più marito e moglie, rimanete comunque «genitori per sempre» e di questo occorre tener conto.Edoardo, 9 anni, si sta avvicinando alla delicata transizione dall’infanzia all’adolescenza passando attraverso la pubertà, che comporta un mutamento repentino del sistema ormonale, dell’aspetto fisico e delle emozioni. Se fino a oggi il rapporto con la mamma sembrava bastargli, dal prossimo futuro avrà più che mai bisogno di riferirsi a una figura paterna. Uomini e donne sono pari in dignità e valore ma diversi nel modo di fare, di comunicare, di relazionarsi reciprocamente. Il rapporto col padre può aiutare Edoardo a superare l’originario attaccamento materno, pur conservando con lei una relazione fondamentale e insostituibile.Rassicuri quindi suo figlio che lei non è contraria al fatto che ristabilisca un contatto con padre e cerchi di non ostacolarlo con limitazioni e preoccupazioni.
Quanto a lei, caro Luca, l’esperienza mi dice che tra maschi preferite agire piuttosto che parlare. Le confidenze non vi si addicono. Cerchi quindi un terreno comune da condividere con Edoardo: lo sport? il tifo? le passeggiate? gli spettacoli? una buona pizza? Vedete voi. L’importante è che non gli chieda a bruciapelo: «Cos’hai fatto questa settimana?». I ragazzini detestano i resoconti, soprattutto perché il passato prossimo non lo ricordano più. Meglio parlare di altro: gli hobby, le prossime vacanze; chiedergli se è meglio seguire le lezioni in streaming o in diretta, qual è il compagno preferito e così via. E, rotto il ghiaccio, ascoltarli. Non si tratta comunque di diventare amici. Ho sentito tanti padri dire: «Sono il miglior amico di mio figlio», non ho mai sentito un ragazzo dire: «Sono il miglior amico di mio padre». Anche quando si fanno le cose insieme, la distanza verticale va conservata: a ognuno la sua posizione, a ognuno la sua funzione.