La tradizione popolare tedesca racconta di un uomo che, uscendo all’alba nel suo orto, cercò invano l’ascia che aveva appoggiato ad un albero. Mentre continuava la ricerca notò, con la coda dell’occhio, un movimento al di là della siepe che separava il suo orto da quello del vicino: si accostò a guardare e vide il vicino che si aggirava dietro la siepe con fare circospetto, e gli passò per la testa che fosse proprio lui ad avergli rubato l’ascia. Più volte, nel corso del giorno, tornò a spiare il vicino; e ne trasse la convinzione che quell’uomo si muoveva cautamente, guardandosi continuamente intorno, proprio come un ladro. Poi, verso sera, entrò casualmente nel granaio e con sorpresa vide l’ascia, e scoprì che sua moglie l’aveva semplicemente portata lì. Tornò allora ad osservare il vicino e vide che si muoveva e si comportava come qualsiasi uomo onesto.
La storiella ha una morale: il sospetto trasforma l’uomo e determina un verdetto. C’è parecchio di vero in questa conclusione. Di fatto, l’occhio con cui osserviamo e giudichiamo uomini ed eventi non è mai neutro. La vita, l’esperienza e la cultura depositano nella mente informazioni, convinzioni e pregiudizi: da queste fondamenta noi giudichiamo nuove situazioni e nuove conoscenze. Ogni giudizio, in fondo, tende a scaturire da un pre-giudizio.
Tenere presente questa semplice verità contribuisce a liberare il pensiero e a dare per scontata la possibilità di un errore: cosa tanto più importante in un mondo dove l’informazione si moltiplica a dismisura e giunge a livelli tali da rendere sempre più difficile un giudizio obiettivo. La psicologia ha messo in luce una naturale tendenza selettiva: poniamo, ad esempio, che un uomo legga due giornali d’indirizzo politico opposto – uno di destra, l’altro di sinistra. La valutazione del fatto riportato dai due giornali inclina verso un giudizio o verso quello opposto; ora, è assodato che l’uomo con una visione politica di destra tenderà a dare credito al giornale del quale condivide l’ideologia; e altrettanto farà quello con una convinzione politica opposta. Ciascuno, istintivamente, cerca sempre una conferma alle proprie convinzioni. Trovare un’interpretazione dei fatti conforme alle proprie idee rafforza la fiducia d’essere nel vero – che è quello che ciascuno naturalmente desidera.
Si capisce, allora, sia il successo che i social networks riscontrano, sia i rischi che questo comporta per lo sviluppo di un pensiero obiettivo e, in particolare, per la partecipazione democratica. In Rete esistono siti che sostengono risolutamente qualsiasi tesi, sia ragionevole, sia assurda. Chi voglia cercare una visione conforme alla propria, di sicuro la trova: vi aderisce e si rafforza nella convinzione di essere nel giusto. Ma, come sottolinea uno dei maggiori teorici contemporanei della democrazia, Robert Dahl, il requisito fondamentale del processo democratico consiste nella presenza di un’opinione pubblica ben informata, in grado di conoscere le principali alternative politiche e le loro probabili conseguenze, e quindi al riparo da condizionamenti strumentali. La Rete, appunto, può essere una macchina perfetta per strumentalizzare le opinioni. E però è anche uno strumento bifronte: può produrre opinioni irragionevoli, ma è pur sempre un sistema costituzionalmente aperto, dove ciascuno può sostenere le sue tesi e avviare campagne e promuovere iniziative per opportuni cambiamenti politici. Ciascuno, premendo un pulsante, può rendere nota in tempo reale la sua valutazione di un problema, suggerire correttivi, cercare adesioni: in pratica, è come se si istituisse un referendum perenne capace di conferire alla macchina democratica una spinta ulteriore. La partecipazione diretta alla vita pubblica è fondamentale per una democrazia che sia davvero tale: la Rete consente una comunicazione diretta e costante con i politici ed è una fonte di consultazione popolare che costituisce ormai una sorta di «quinto potere», una forza in grado di modificare le procedure della vita politica, di mettere in discussione i vecchi canoni, di creare nuove e significative occasioni di libertà.
E però questa nuova e formidabile assemblea democratica dovrebbe, per esercitare correttamente il suo potere, soffermarsi a pensare: il che vuol dire non basarsi solo sui pregiudizi, ma metterli in discussione, verificarli o anche tentare di smentirli; fino a scoprire, magari, come nella storiella tedesca, che il presunto ladro è un uomo onesto.