Per chi ha superato la temuta boa degli «anta», è innegabile come, in quella sottile ma onnipresente dimensione del quotidiano che ha a che fare con la colonna sonora della vita, molte cose, negli ultimi anni, siano cambiate – forse irrimediabilmente. Infatti, tutti coloro che hanno trascorso la propria gioventù tra un mercatino dell’usato e l’altro, impegnati nella costante ricerca di copie usate di album storici del repertorio rock, oggi faticano ad abituarsi alla pressoché totale sparizione di quello che per decenni è stato l’oggetto del desiderio principale, ovvero il disco – ormai divenuto, nell’era digitale, entità intangibile e assolutamente eterea, destinata ad essere fruita perlopiù sotto forma di asettico file elettronico (di solito in formato mp3), acquistabile e scaricabile via internet. Questo ha portato, nel giro di pochi anni, alla progressiva quanto inarrestabile chiusura della maggior parte dei negozi di dischi, inclusi i maggiori retailer internazionali, a favore della «rivoluzione» commerciale offerta dall’acquisto online.
Da parte sua, lo strapotere dei social network ha esacerbato sempre più la situazione, al punto che oggi, gli ascoltatori casuali scelgono di fruire della musica direttamente su YouTube, scavalcando così a piè pari qualsiasi ambizione di acquistare i propri brani favoriti e rinunciando implicitamente al possesso dell’opera d’arte – il che solleva anche una serie di dilemmi relativi al diritto d’autore e al guadagno degli artisti. Tuttavia, forse proprio in risposta alla lenta agonia commerciale del disco, negli ultimi anni una nuova, inaspettata tendenza ha preso sempre più piede tra i nostalgici, incapaci di rinunciare al conforto rappresentato da un oggetto che, al pari di un manufatto sacro d’altri tempi, è sempre stato considerato il simbolo stesso della musica (e, come tale, meritevole di rispetto e considerazione).
Ecco quindi che il vecchio 33 giri di un tempo torna in voga quale espressione della musica intesa come oggetto di culto e da collezione; e come membri di una setta riservata a pochi eletti, gli estimatori del vinile riscoprono un mondo caratterizzato da rituali quasi iniziatici, e da un’esperienza sensoriale infinitamente più ricca e suggestiva di quella offerta dalla fruizione digitale – a partire dal suono attutito prodotto dalla puntina nel momento in cui si poggia sulla superfice del disco, fino ad arrivare alla cura estrema con cui il vinile va maneggiato e mantenuto pulito. Un mondo rarefatto, in cui la purezza del suono non ha niente a che vedere con i prodigi della rimasterizzazione digitale o le meraviglie del surround, anzi.
Del resto, per questi appassionati, l’ormai obsoleto compact disc, o CD, rappresentava già un compromesso assai poco nobile, poiché solo un oggetto di stampo superiore e dal valore artigianale come il buon vecchio vinile può davvero valorizzare l’ascolto di un album di vaglia – una regola che vale soprattutto nel caso di dischi simbolo della storia del rock: secondo il credo della «confraternita», il supporto su vinile è infatti l’unico a permettere davvero di godere di ogni dettaglio e sfumatura per come originariamente concepito dagli ingegneri del suono dell’epoca, nonché di differenziare tra mono e stereo, toccando così picchi di assoluto (e perfino elitario) perfezionismo.
Così, in una sorta di ironico rovesciamento del concetto di alta fedeltà (hi-fi) tanto in voga all’arrivo dei primi compact disc, quel che oggi si sperimenta è una sorta di ritorno alle origini – una risposta chiara quanto decisa a quel pervasivo e dilagante modernismo che sembra peraltro presentarsi in molti altri ambiti del vivere comune. Forse perché, in un mondo in cui fattori quali l’intelligenza artificiale e le moderne crisi morali portano molti a paventare una totale disumanizzazione della realtà sociale, anche il tramonto del disco diviene il simbolo di qualcosa di più inquietante – ovvero, della natura ormai per molti versi asettica e impersonale della nostra vita quotidiana, e del fatto che il contatto vivo e tangibile con la materia e con il «qui e ora» stia inspiegabilmente divenendo, per noi comuni mortali, evento sempre più raro.