L’estate di una città fantasma

/ 28.08.2017
di Luciana Caglio

A scanso di equivoci, stiamo parlando di una località reale, Interlaken, che, negli ultimi mesi ha fatto spesso notizia nei media nazionali, citata come simbolo di un successo turistico meritato, rassicurante e, insomma, da imitare. Ed è proprio un’immagine di seducente vitalità che questo centro, di neppure 10mila abitanti, trasmette al visitatore, al primo impatto. Vi si respira quell’atmosfera da piccola metropoli tipica, del resto, di tante borgate e persino villaggi svizzeri, che sembrano sempre più grandi e intraprendenti di quel che sono. Una sorta d’inganno che, sul piano turistico, funziona. Da questo punto di vista, il caso di Interlaken è davvero esemplare.

Al di là delle prerogative naturali, fra due laghi incredibilmente turchini e ai piedi della Jungfrau, la più alta vetta alpina raggiungibile in ferrovia, questa minicittà si è impegnata per allargare e soprattutto aggiornare un potere d’attrazione rivolto a categorie di pubblico, dalle esigenze e dagli sfizi particolari e costosi. D’accordo i bei panorami, ma servono stimoli supplementari, sportivi, con scuole di parapendio e di vela, e consumistici, con negozi, boutiques, ristoranti a iosa. Non qualsiasi, però. Tenendo conto degli umori finanziari e politici del momento, si è puntato verso Oriente: Cina, Giappone, India, Emirati, Arabia Saudita, Indonesia. Queste, visibilmente, le provenienze della stragrande maggioranza degli ospiti che, da mesi, affollano un luogo, per così dire a loro piena disposizione. Dove svolgere il ruolo di compratori, appassionati di marchi, grazie ai consigli di venditori ad hoc, pure loro di origine asiatica. Niente difficoltà, anche a tavola, dove i menu, in caratteri arabi o cinesi, e inglese in coda, propongono una diversificata gamma di specialità orientali. Persino a bordo dei battelli si possono degustare buffet halal. E disporre, eventualmente, di tappeti da preghiera, con bussola integrata. Come dire, un’ennesima dimostrazione del risaputo perfezionismo elvetico.

Ma, qui, si è andati oltre il dovuto accettando di cambiare faccia, per soddisfare nel miglior modo possibile le abitudini e i gusti di clienti redditizi. Con effetti, persino sconcertanti: un’infilata a non finire di orologerie, di gioiellerie, che neppure sulla Bahnhofstrasse e, nel settore alberghiero, la prevalenza dei 4 e 5 stelle. Ciò che crea l’immagine, appunto, di una città fantasma, popolata esclusivamente da privilegiati. Ma è una visione che si presta a osservazioni sorprendenti e confortanti: gruppi di donne islamiche, come si deduce dal foulard colorato, in giro fra loro, senza accompagnatori, allegre, disinibite, indipendenti. L’immagine è apparente o rispecchia una nuova realtà, addirittura la conferma che quell’auspicato islam moderato esiste?

A proposito d’immagine, proprio a Interlaken , si assiste a una sostituzione totale, sia pure transitoria, comunque inquietante. Viene naturale chiedersi: dove sono finiti i cittadini, nativi o adottivi, del posto? In questa lunga estate ’17, diventa difficile trovare gli indizi di quella che dovrebbe pur essere la fisionomia quotidiana di una collettività locale, con attività, abitudini, gusti, linguaggi propri. Un’identità cancellata? Invece no, resiste all’urto dei cambiamenti, ed è sfoggiata persino con orgoglio. Ne offre una testimonianza la mostra che, nelle belle sale del Kunsthaus , ospita le opere di Franz Niklaus König (1765-1832), pittore di paesaggi e di scene di vita alpini, oggi rivalutato. Ed è, per noi, una piacevole sorpresa scoprire che esiste e se la cava bene il trisettimanale «Jungfrau Zeitung», altra espressione di vita regionale. Ma, l’identità popolare si manifesta con il massimo risalto, in questa settimana, con l’«Unspunnenfest», che, con il famoso lancio della pietra, è diventata addirittura un’attrazione internazionale. Una data storica, che nel 1805, segnò la riconciliazione fra città e campagna. Oggi, come sottolineano gli organizzatori, assume un significato simbolico. Insieme pacificamente è possibile.