Joe Biden, settimana scorsa, ha tenuto il suo primo discorso sullo Stato dell’Unione, in ritardo rispetto al calendario valido da decenni, a causa della pandemia. Non immaginava che si sarebbe ritrovato a parlare di guerra. Il presidente americano ha spiegato che l’invasione russa dell’Ucraina è un attacco a tutto l’Occidente, che la risposta è stata unita e forte perché in gioco c’è il sistema democratico occidentale e che Putin non sa «che cosa lo aspetta». Probabilmente uno degli errori di calcolo del presidente russo è stato pensare: Biden non farà niente, cercherà la mediazione a ogni costo. Il ritiro dall’Afghanistan, nel suo caos brutale, ha fatto sì che il mondo si convincesse che l’America aveva perso la voglia non solo di fare il poliziotto del mondo ma pure di sembrarlo. Secondo gli esperti che cercano di decifrare che cosa pensa e vuole Putin, le pressioni sull’Ucraina, fin dal dislocamento dei soldati, si basavano sull’idea che gli americani non avrebbero reagito, se non con la durezza minima consentita dall’indignazione internazionale. Non è andata così: Biden ha spinto per una nuova strategia d’intelligence, con la complicità del capo della Cia, William Burns, che è un ex diplomatico, è uno che da sempre usa le informazioni a disposizione per costruire una tattica negoziale. Ma poiché la guerra d’informazione è stata vinta dal 2014 a oggi da Mosca, anche le continue denunce da parte di Washington sui movimenti delle truppe di Putin sono state relegate nelle solite categorie imposte dalla Russia: gli americani cercano un pretesto per fare la guerra perché sono guerrafondai e russofobi.
Poi Putin ha invaso e si è visto chi mentiva e chi no, ma a giudicare dalla prima settimana di conflitto sembra quasi che il presidente russo sia rimasto vittima della sua stessa propaganda: ha pensato che l’Occidente fosse davvero finito, e non si è accorto che invece si stava riallineando con una forza e una determinazione senza precedenti. Biden ha guidato un’offensiva sanzionatoria determinata, l’Ue si è accodata e ci ha aggiunto del suo, infine anche le aziende private hanno iniziato il loro boicottaggio. L’obiettivo è chiaro: l’isolamento della Russia. Gli strumenti sono chiari: il soffocamento dell’economia russa da perseguire in ogni modo evitando l’intervento militare, i boots on the ground. Il governo di Kiev insiste, vuole anche un coinvolgimento militare, spinge sull’America, chiede una no fly zone che per il momento è del tutto esclusa: sarebbe una dichiarazione di guerra alla Russia. Biden si ritrova per questo attaccato sia da chi dice che non fa abbastanza sia da chi dice che fa troppo. Intanto i repubblicani, cioè l’opposizione, sono divisi e la faglia è sempre determinata dall’ex presidente Donald Trump. Il quale ha colto ogni occasione per elogiare Putin e mai nessuna per condannarlo: certo, c’è dell’imbarazzo dalle parti di Trump. Il suo primo impeachment riguardava le pressioni che la Casa Bianca fece proprio sull’Ucraina e sul presidente Zelensky per ottenere informazioni sul figlio di Biden. Ricorderete i dipendenti di Trump, ambasciatori e non, che davanti al Congresso raccontarono come l’allora presidente aveva giocato con la dipendenza di Kiev dall’America per ottenere vantaggi personali. I repubblicani erano in maggioranza e l’impeachment non fu votato, ma quella storia assieme al Russiagate e al Rapporto Mueller hanno fatto sì che il putinisimo di Trump facesse il suo ingresso in un partito che era stato in passato anche molto falco nei confronti della Russia.
La schizofrenia del Partito repubblicano va in onda ogni giorno su «Fox news», la tv del trumpismo, dove si alternano quelli che Putin non lo condannano a prescindere, e si limitano a dichiarazioni di circostanza, e quelli che invece dicono che non si è fatto abbastanza per far capire al presidente russo che ogni attacco alla democrazia si paga (a volte i trumpiani che non considerano l’assalto al Congresso del 6 gennaio un attacco alla democrazia si ritrovano contro Putin). A tenere uniti tutti c’è l’opposizione a Biden che comunque è, nella narrazione dei repubblicani, troppo debole e inadatto a qualsiasi cosa, che sia negoziare (capitolazione!) o mettere sanzioni (troppo poche!), fino a che il ciclo non si chiude e si ritorna al caposaldo del trumpismo: Biden non è un presidente legittimo. In questo circo, il presidente degli Usa lavora per tenere unito il fronte occidentale, studia i prossimi passi a seconda dell’escalation di Putin e prova a spiegare al-
l’Ucraina che una no fly zone non si può fare. Non oggi, non ancora.
L’errore di Putin e la schizofrenia dei repubblicani
/ 07.03.2022
di Paola Peduzzi
di Paola Peduzzi