In riva al Lemano, ora di un colore turchino cupo, due adolescenti nude di bronzo, cavalcano due ippocampi giganti. Non lontano dall’imbarcadero di Vevey, dove sbarco un pomeriggio temporalesco di fine giugno all’ora del tè, le graziose fanciulle sui loro cavallucci marini si divertono, in posizione da sci nautico, da quasi sessant’anni. Assieme a una loro amica che pesco adesso con gli occhi camminando sul quai Maria Belgia – in piedi, a briglie sciolte – su un terzo ippocampo fuori scala, in mezzo a una fontana senz’acqua. Qui dal quattordici giugno 1964, come le due dentro il lago venute a farle compagnia nel dicembre 1965, è opera di Édouard Marcel Sandoz (1881-1971).
Fratello di Maurice Sandoz – il cui assurdo mausoleo tra vigneti del Lavaux e autostrada A9 è dove vi ho portato un paio di settimane fa e del quale, proprio lui, si è occupato per le ceneri eccetera – viene considerato oggi come uno dei più rimarchevoli scultori animaliers. Figlio maggiore del fondatore della famosa industria chimico-farmaceutica, una vita tra Parigi e Losanna, di sicuro nessuno scolpisce i fennec (piccole volpi del deserto) come Édouard Marcel Sandoz.
E se andate a vedere alcuni oggetti, come le porcellane di Limoges tipo il recipiente portasenape a forma di anitra, teiere-pinguini, ranocchi portasale, ricci portafiori, conigli pepiere, e altre straordinarie diavolerie art déco, rimarrete di stucco. Ma anche una tabacchiera in argento a forma di macaco, un vaso-carpa cruciana in bronzo o uno svuotatasche-razza sempre in bronzo, non finiscono di stupire. Come pure di bronzo sono le ragazze sugli ippocampi di Vevey (375 m). Il cui titolo originale di ognuna, scopro tra le pagine di Édouard Marcel Sandoz, sculpteur figuriste et animalier (1993) di Félix Marcilhac, è Skieuse nautique sur hippocampe. Senz’acqua nel bacino, la sciatrice nautica su ippocampo della fontana nel Jardin du Rivage, perde molto, quasi tutto, perciò ritorno a quelle lacustri. Tra onde irrequiete, piegate all’indietro per la velocità di questo sport fuori moda, le due ragazze nautiche tengono le redini con una mano sola. La mano destra per quella che ha una palla nella mano sinistra, la sinistra per quella che tiene con l’altra mano una conchiglia come se fosse una fiaccola olimpica.
Tuffo imprevisto, così, al volo, in boxer. La conchiglia richiama Tritone, divinità marina e primo trombettista della storia. Tenuta con fierezza in alto, quasi come strumento musicale per il vento, potrebbe essere una Charonia tritonis. I piedi e le redini mostrano una patina d’oro. Sguazzo tra le due adolescenti biotte sopra mega ippocampi lemanici il cui muso ha una certa affinità con il becco dei cigni, nubi minacciose in cielo. Luce mistica adesso. Sandoz, a quanto pare, negli anni venti, inventa un procedimento rivoluzionario – attraverso filtri ottici e costumi di scena ottenuti con tessuti colorati grazie a coloranti chimici speciali – per l’illuminazione teatrale. Peccato per l’assenza d’acqua nella fontana.
Comunque, se v’interessa, ci sono altre fontane di Sandoz da visitare. Al parco Denantou di Losanna, per esempio, c’è la fontana delle scimmie, non lontano, al porto di Ouchy, la fontana degli asini, a Zermatt trovate le marmotte. Mentre come soggetti del suo bestiario in bronzo non mancano fagiani, scoiattoli, camosci, canguri, pechinesi, pernici, murene, armadilli. Un bronzo, va detto, molto particolare e ricercatissimo tra gli intenditori per le sfumature della sua patina. Nata dagli esperimenti e studi fatti con Claude Valsuani nella sua rinomata fonderia in rue des Plantes, contempla tonalità profonde di bruno rossastro con l’utilizzo di rame e cobalto o può ottenebrarsi in un nero violaceo come gli antichi bronzi giapponesi shakudo.
A bocca aperta però, lasciano i tratti di superficie preda di lampi d’oro. Vago a piedi nudi nel parchetto in cerca dei tigli. Zaffate forti di tiglio stabiliscono il mio itinerario di viaggio, in compagnia di Rimbaud la cui poesia sul buon odore dei tigli nelle sere di giugno mi è ormai entrata nel sangue. Ed ecco il maestoso tiglio in fiore che lascia nell’aria un profumo così dolce. Accanto, quattro colonne toscane sorreggono un frontone stile tempio greco. È il resto di un portico del corpo di guardia, demolito nel 1907, un tempo all’inizio del Pont Saint-Antoine, sopra la Veveyse.