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Le nuove povertà/20

/ 28.06.2021
di Lidia Ravera

Non fu un litigio uguale a tutti gli altri, quello che seguì alla comparsa di Tom. Non divampò subito, come era sempre capitato, obbedendo all’impulso di colpire, sempre indissolubilmente intrecciato con quello di toccarsi, a pugni, a carezze, mordendosi come animali, ma senza far uscire il sangue. Tom guardò Von Arnim che guardava Betta, con quel sorriso aristocratico da intenditore d’arte e raggelò la rabbia in un tono mondano.

«Vedo che stai meglio», disse.
Betta tossì, come una bambina al cospetto della maestra, per giustificare una assenza. Von Arnim tese a Betta un sacchetto di plastica ecocompatibile.

«Le sue medicine, tolgo le mie», disse, dopo aver estratto una confezione di Deltacortene, lasciando a Betta aspirine e vitamina C.
Si rivolse a Tom:«Ci siamo incontrati in farmacia».
«Lei abita qui vicino?», chiese Tom, con quella che gli parve una intonazione sarcastica.
«Non proprio, abito a Via Giulia».
«E si fa un paio di chilometri per andare a comprare le medicine?»
Von Arnim rise, come se Tom avesse detto qualcosa di molto spiritoso.
«No, no, no. Sono venuto appositamente fin qui, per invitarvi a una festa. Spero davvero che non mancherete».

Si accomiatò con un cenno del capo.

Una ritirata informale, ma militaresca, da generale in pensione, o almeno così parve a Tom, che restò a guardarlo camminare, la schiena diritta, il passo misurato ed elastico. Appena entrambi si sentirono al riparo delle pareti domestiche, l’uggia per quella guerra che non riusciva ad esplodere ma neppure a stemperarsi in una tregua, li spinse verso un silenzio risentito.

Tom aprì la busta lasciata da Von Arnim. Ne estrasse un cartoncino, stampato in caratteri fioriti, che qualcuno aveva completato a penna con un nome « Betta Belardetti». Di Tommaso Sandrucci non c’era traccia.

Tom aprì il frigorifero, lo richiuse. Aprire il frigorifero e mostrarne il vuoto equivaleva, da un bel lasso di tempo, a una accusa muta che rimbalzava dall’uno all’altra: di chi era la colpa se la loro vita era minacciata dal bisogno, tanto da ridurne il valore alla nuda prosa della sopravvivenza? Era colpa di Tom perché Tom era un uomo? L’assunto era politicamente così scorretto da mettere i brividi. Esther, che aveva generato Tom quarantatré anni prima, era una fervente femminista, predicava per le donne la parità assoluta. E una indipendenza economica che era, nello stesso tempo, un sudato diritto e un magnifico dovere. Dunque era anche colpa di Betta se il frigo mostrava i denti.
Si guardarono, poi, come due galli da combattimento, che devono battersi ancora, perché qualcuno ha deciso così, anche se non ne hanno più voglia.

Fu Betta a rompere l’incanto.
«Bisognerebbe fare la spesa», disse.
Tom le allungò 50 euro.
«Vai tu, visto che ti è tornata la voce».
«Non l’ho mai persa».
«Lo so».
«Sto male in un altro modo, ma se tu non vuoi capire, non importa».

Uscì, godendosi lo sguardo di Tom, sentendoselo addosso, pesante. Comperò poco e con una oculatezza nuova, studiata. Patate, carote, uova. Spalla cotta invece del prosciutto. La «Michetta dei poveri» , come chiamava le odiate pagnottelle filacciose chiuse nelle bustine di plastica. Vino da tavola in un recipiente di cartone. Olio di semi.

Quando tornò a casa, restituì a Tom quattro banconote da dieci euro.
Tom controllò il contenuto della borsa della spesa e provò a sorridere, anche se non era dell’umore. Si era fatto prestare dei soldi da Nicola, dopo avergli raccontato della vicedirettrice della Banca, del prestito, e di quanto avrebbe guadagnato, una volta che il documentario fosse stato girato montato e venduto in tutta Europa. Erano soltanto 300 euro, ma gli dispiaceva averli scroccati a un amico. Anche i bilanci di Nicola ed Eva erano magri, ma non come i suoi. Nessuno era al verde come lui e Betta.

«Hai imparato a fare la massaia?», chiese, stancamente, intascando il cospicuo resto.
«Ho avuto un’ illuminazione. Dev’essere stata la febbre».
«Hai avuto la febbre?»
«Se preferisci pensare che mentissi…»
Tom le posò una mano sulla fronte.
Era un gesto di pace. Betta chiuse gli occhi, e lasciò scorrere due lacrime.

«Non abbiamo talento, Tom. Né io né te. Non è vero che nessuno ci offre un’occasione di guadagno perché siamo marginali, è il contrario, siamo marginali perché nessuno ci offre un’occasione di guadagno, da 13 lunghi mesi. Abbiamo soltanto la nostra bellezza. Dobbiamo lavorare con quella. Finché dura».