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Le nuove povertà/13

/ 30.11.2020
di Lidia Ravera

La sera fecero festa, soprattutto per la bambina (la chiamavano sempre così, quando volevano sentirsi una famiglia). Cenarono con il servizio elegante, quello che non usavano mai perché non avevano né lo spazio né i soldi per invitare gli amici. Sara fece un sacco di domande sullo stadio di avanzamento della preparazione del documentario di Tom. Tom rispose inventando contatti colloqui scalette perlustrazioni e ricerche sul campo. Prima di coricarsi, a bassa voce, perché 28 metriquadri non consentono segreti, disse a Betta: «I bambini non esistono più». «Ha 13 anni, la bambina» «Mi ha fatto un interrogatorio, l’hai sentita?». Betta schivò una carezza. «Vorrei sapere se qualcosa di quello che le hai raccontato a tavola contiene qualche traccia di verità».

Tom si sentì ferito. Betta gli aveva cucito addosso la maschera triste del «looser», non sarebbe riuscito a strapparsela dalla faccia se non lasciando Betta. Gli parve, improvvisamente, un’evidenza indiscutibile. Spense la luce, si girò sul fianco.

Betta si voltò sul fianco opposto, le due schiene si sfioravano. Il divano letto, che diventava il loro talamo coniugale, misurava una piazza e mezza. Difficile evitare il contatto.
«E com’è questa vecchia potente? Materna, almeno, spero».
«È una donna interessante», gustò l’aggettivo prescelto per descrivere Noemi.
«Exbella?»
«Togli pure l’ex»
«A 63 anni?»
«Bionda naturale, pelle chiara, gambe lunghe»

Forzando sul tono incredulo, Betta accese la luce, come se l’anziana rivale fosse entrata nella stanza e potesse sottoporsi a giudizio sulla sua presunta avvenenza.
«Lifting, liposuzione, colpi di sole. Voi uomini non ve ne accorgete mai, finché non vi scoppia in faccia una tetta al silicone credete che siano tutte belle naturali, le femmine dei perennials, pure a 90 anni»
Tom rise, e pensò che non l’avrebbe lasciata, nonostante tutto. Sapeva essere divertente, se voleva. E quando avessero smesso di essere senza soldi, quando lui avesse potuto dimostrare che non era un perdente, lo sarebbe stata sempre più spesso, divertente.

Avrebbero cambiato casa, avrebbero avuto una vera camera da letto. La baciò con calcolato trasporto e spense la luce.
«Quanto ti sei fatto dare dalla banca della tipa?»
«Cinquantamila euro», mentì Tom.
In realtà ne aveva presi ottantamila, ma non voleva che Betta lo sapesse.
«E come li restituiremo?»
«Non pensarci adesso. Girerò il documentario. Lo venderò alla Rai. Faremo un piano di rientro. Cerca di essere felice, una volta ogni tanto! Non puoi essere sempre negativa, non posso essere costretto a trovare sempre entusiasmo per due! Anche io ho bisogno di crederci per rimettermi in gioco, lo capisci? Ho bisogno di sentire che ho una compagna al mio fianco, non una zitella livorosa che mi fa i conti in tasca»

Betta rimase senza fiato, l’immagine che Tom le aveva dipinto addosso era troppo orribile per essere sopportata un solo secondo.
Prese in considerazione tutte le reazioni possibili: alzarsi e andarsene anche se era quasi notte. Piangere. Picchiarlo. Sentirsi male. Fare l’amore. Fingere di dormire.
Optò per quest’ultima ipotesi, anche se era inverosimile, non rispose quando Tom le disse. «Beh, allora, buona notte» e rimase a lungo sveglia, meditando vendette.

La mattina avrebbe dormito volentieri, ma la casa non lo consentiva. Non a una persona normale: Tom russava come un ghiro soddisfatto, anche se la cucina era a mezzo passo dal divano letto Sara non trovava i biscotti, voleva dei soldi, aveva finito il quaderno di matematica.

Uscì con lei, la accompagnò a scuola, facendole ripetere storia e sentendosi virtuosa per questa iniziativa.
Si era truccata con cura, anche se aveva gli occhi gonfi di sonno, aveva indossato un paio di jeans aderentissimi, sneakers bianche e giubbotto di pelle. Immaginò che una telecamera la inquadrasse mentre discuteva delle Crociate con un ragazzina bella quanto lei, forse perfino di più (aveva preso dal padre una adorabile fossetta sul mento).

La lasciò a scuola soffiandole un bacio dalla punta dalle dita. Vide con piacere lo sguardo del professore di educazione fisica posarsi sulle sue natiche. Disse a se stessa che per puro caso il Virgilio, medie inferiori e liceo classico, era proprio in via Giulia, si convinse che non aveva accompagnato Sara a scuola per questo. Si incamminò con il passo elastico di una giovane madre sportiva e si fermò davanti al civico in cui abitava il vecchio che le aveva regalato 500 euro. Pensò che si sarebbe mostrata offesa e tuttavia riconoscente. Ciò che in effetti era, certe volte la sincerità è la scelta più sexy. Non dovette aspettare più di 5 minuti. Il vecchio l’aveva vista dalla finestra. (Continua)