Le mie Variazioni

/ 05.09.2022
di Bruno Gambarotta

Chiedo scusa ai cortesi lettori, voglio regalarmi una botta di presunzione. Così come Bach compose Le Variazioni Goldberg, ho pensato di scrivere Le mie Variazioni Domestiche. Scrive Rodolfo Venditti: «Goldberg era un giovane clavicembalista sedicenne allievo di Bach. L’ambasciatore russo soffriva di insonnia e aveva bisogno che il clavicembalista lo aiutasse, suonando, a trascorrere la notte. Goldberg chiese a Bach delle Variazioni su un tema».

Le mie variazioni prendono spunto da piccoli fatti domestici e servono a mantenermi sveglio e ad avere sempre un buon indice di nevrastenia. Aprono con un fracasso di stoviglie che si infrangono sul pavimento della cucina. Voce da un’altra stanza: «Cos’è successo?» Replica: «Niente! Non è successo niente». Segue una frase, appena sussurrata: «Svelta, vai a prendere dei giornali vecchi nello sgabuzzino!». Sempre in cucina, una voce di donna che sta aprendo lo sportello della lavastoviglie: «Ma è mai possibile che non abbiate ancora imparato come si mettono i piatti qua dentro e che ogni volta io debba rifare il lavoro di tirarli fuori e di risistemarli?». Ragazzi che in cinque minuti diventano maestri in tutte le infinite funzioni di un iPhone, non riusciranno mai a capire come si sistema un piatto sporco in modo razionale.

Molte delle mie Variazioni sono ambientate nella stanza da bagno. Da lì un urlo risuona più volte nel corso di una giornata: «Chi è che usa il mio asciugamano?» Seguito dallo sviluppo del tema, in tono lamentoso: «Quanto volte devo dirvi che il primo asciugamano a sinistra del lavandino è il mio?». Segue il pianto sul tubetto del dentifricio che andrebbe schiacciato a partire dal fondo ma è tanto più comodo spremerlo come viene viene, tanto ci sarà sempre qualche anima buona che lo spianerà verso la cima.

Un altro capitolo è dedicato al culto della data di scadenza. C’è sempre in famiglia qualcuno che lo pratica: inizia con lo svuotamento delle borse della spesa e con la frase inquisitoria: «Ti avevo chiesto di comprarne una confezione, perché ne hai prese quattro?» Alla parola «confezione» possiamo sostituire a scelta: mozzarella, yogurt, succo di frutta… La risposta: «Ne ho prese quattro perché erano in offerta». Controreplica: «Almeno hai controllato le date di scadenza?» chi parla ne ha già afferrata una scovando dei numeri in caratteri microscopici: «Scadono domani». Pallido tentativo di difesa: «Leggi bene. Vicino c’è scritto preferibilmente».

Il blocco centrale delle mie Variazioni tratta il tema degli smarrimenti. Inizia con un appello accorato: «Qualcuno di voi ha visto dove ho messo le chiavi della macchina?». Chi lo intona deve essere già vestito di tutto punto per uscire e avere una mano appoggiata alla maniglia della porta d’ingresso. Segue il controcanto: «Hai guardato nel posto dove le metti sempre?» «Se le cerco vuol dire che lì non ci sono». Chi non ha fretta di uscire tende a vedere le cose da un punto di vista filosofico: «Male. Bisognerebbe stabilire un posto fisso per le chiavi e posarle sempre lì quando si entra in casa. Così uno andrebbe a colpo sicuro senza perdere tempo». Entrano in gioco le voci caritatevoli: «Guarda in giro, non possono essere sparite». «Mi date una mano? Ho fretta! Rischio di perdere l’appuntamento!». Inizia, senza fretta, una recita collettiva, più che altro un gioco che porterà al ritrovamento di cose scomparse da decenni ma non delle chiavi dell’auto. «Guarda cos’ho trovato! Ti ricordi quando sabato scorso non trovavi più la lista della spesa da fare al supermercato? Era finita qui, sotto il foulard. Per caso ti serve ancora?» «Perché non controlli dentro lo sportello del contatore della luce? Lì è pieno di chiavi!» Chi ha parlato dello sportello si prende la briga di aprirlo: «Guardate qui cosa ho trovato! Una scatola di dolci siciliani ancora sigillata!» «L’avevamo nascosta lì quando Filippo ce l’ha spedita da Siracusa». «È vero! Francesca stava facendo la cura dimagrante e avevamo preso l’impegno di aiutarla». «E poi ce la siamo dimenticata». «Non saranno per caso scaduti?» «Per sapere se sono ancora buoni basta inzupparli nel Porto». A differenza delle chiavi la bottiglia del Porto salta subito fuori. Inizia un piccolo festino domestico. Finché con la bocca piena di pasta di mandorle qualcuno proporrà all’interessato sempre più in ansia e prossimo alle lacrime: «Hai provato a cercare le chiavi nelle tasche del tuo impermeabile?» Erano lì, naturalmente.