Le elezioni cantonali, l’economia e il sociale

/ 13.02.2023
di Orazio Martinetti

È un classico da quando si vota: l’approssimarsi delle elezioni accelera il moto dello sciame partitico-politico. Congressi, assemblee, santini, aperitivi, nuove formazioni che si vogliono di protesta, partiti anti-partito né di destra né di sinistra. Il Ticino politico, pur non rappresentando un’eccezione, ha sempre dato prova di grande vitalità in questo campo: fondando, un tempo, giornali e fogli di battaglia (poi chiusi in tutta fretta all’indomani dei risultati), oggi cercando spazio e visibilità nei canali sociali, da Facebook a Twitter. Ma il Paese è piccolo e come spesso succede nei micro-ambienti, alla fine conteranno i fattori definibili come tradizionali: la conoscenza diretta del candidato, le campagne porta a porta, i suggerimenti di parenti e amici. A questa dinamica la lista senza intestazione offre una sponda perfetta.

Ancora una volta, il sistema dei partiti, così come l’abbiamo conosciuto nel XX secolo, dovrà rincorrere la cittadinanza con il piatto in mano; dovrà, in altre parole, guadagnarsi la fiducia nella cittadinanza attraverso una convincente offerta politica. L’epoca della fedeltà incondizionata alle segreterie è infatti definitivamente tramontata. Ma non è detto che la nuova era, popolata di movimenti e gruppi d’incerta identità, sia in grado di apparecchiare un futuro migliore. E questo perché i programmi proposti non scaturiscono da un’analisi solida dello stato in cui versa il Paese. E lo stato, com’è emerso dagli ultimi dati sulla situazione finanziaria (un disavanzo che veleggia verso i 220 milioni), non è affatto roseo; esigerà anzi lacrime e sangue. È molto probabile che prima del 2 aprile nessuno oserà avvicinarsi alla voragine che si è aperta dopo che il convento della Banca nazionale ha comunicato di avere la scarsella vuota. L’augurio è, ovviamente, che il mancato versamento (–137 milioni) rimanga un incidente di percorso dovuto alla precaria congiuntura internazionale (prima la pandemia e poi la guerra in Ucraina) e non il sintomo di un’instabilità di lungo periodo. Fatto sta che da qualche parte bisognerà intervenire. Quali tagli e dove, a scapito di chi? Dopo le elezioni, Governo e Parlamento dovranno farsi coraggio e metter mano alle forbici (in gergo, manovra di rientro).

Tutte le formazioni politiche presenti nell’Esecutivo si riconoscono nella formula dell’«economia sociale di mercato»: una formula coniata nel secondo dopoguerra mirante a mitigare gli eccessi e gli effetti indesiderati del capitalismo dominato dagli «spiriti animali». Di qui l’esigenza di introdurre nella legislazione limiti e provvedimenti che impediscano al sistema di creare disuguaglianze talmente profonde da mettere in pericolo la pace sociale e la coesione nazionale. Questa dottrina d’ispirazione socialdemocratica e cristiano-sociale è presente sia nella Costituzione federale (1999), sia nella Costituzione cantonale, di poco precedente (1997). Dice la prima «che libero è soltanto chi usa della sua libertà e che la forza di un popolo si commisura al benessere dei più deboli dei suoi membri». E la seconda statuisce nel preambolo che il popolo ticinese si dà la sua carta «allo scopo di garantire la convivenza pacifica nel rispetto della dignità umana, delle libertà fondamentali e della giustizia sociale», nella convinzione «che questi ideali si realizzano in una comunità democratica di cittadini che ricercano il bene comune». Sembrano, queste premesse, la trascrizione del secondo principio di giustizia enunciato dal filosofo americano John Rawls (1921-2002) nei suoi innovativi lavori sulla giustizia come equità: «Le disuguaglianze sociali ed economiche devono soddisfare due criteri: primo, devono essere associate a cariche e posizioni aperte a tutti in condizioni di equa uguaglianza delle opportunità; secondo, devono dare il massimo beneficio ai membri meno avvantaggiati della società». Detto altrimenti, la disuguaglianza è ammessa e giustificata soltanto se migliora, non peggiora, le condizioni socio-economiche di chi sta ai piedi della piramide sociale. Il Parlamento, impegnato dopo il 2 aprile a spulciare le singole voci del bilancio statale, non potrà non tener conto di questi capisaldi fissati nelle due Costituzioni, federale e cantonale.