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Le domande dei bambini

/ 10.04.2017
di Silvia Vegetti Finzi

Cara Silvia, 
abbiamo due figli, Sara di undici anni e Giacomo di sette. Li abbiamo educati allo stesso modo ma non potrebbero essere più diversi. Sara è svelta, pratica, efficiente. Di fronte a ogni problema trova sempre la soluzione, anche se spesso «crede di averla trovata», e poi la faccenda si rivela più complessa del previsto. A ogni buon conto non solleva problemi e non ne dà.

Giacomo invece è il suo esatto contrario. Sempre incerto, insicuro, ci mette tre ore prima di prendere una decisione: «vado o non vado al pigiama party dei miei amici?» , «e se mi viene sonno ?» , «e se devo andare in bagno di notte?» e se…e se… Non le dico poi la sfilza dei «perché»! «Perché le piante perdono le foglie e poi le rifanno?» , «Perché dobbiamo andare a scuola?», «Perché Dio ha fatto ammalare la mia compagna di banco ?», «Perché la nonna non mi risponde più?» E via di seguito…

Siamo preoccupati per lui perché è un bambino molto sensibile e non accetterà facilmente la morte della nonna, affetta da Alzheimer, che potrebbe sopraggiungere da un momento all’altro. Che cosa ci consiglia? Come dovremo rispondere alle sue inevitabili domande? Grazie tante. / Genitori preoccupati

Cari genitori, 
non stupitevi se i vostri figli, pur amati e cresciuti allo stesso modo, si dimostrano diversi. Quattro anni di distanza cambiano tante cose. Di conseguenza, tra la prima figlia e il secondogenito, voi non eravate più gli stessi. Ma non solo, anche la differenza di sesso che li separa ha la sua importanza. 

Per secoli le donne sono state escluse dalle attività speculative. Relegate nella sfera privata, hanno avuto ben poche occasioni di emergere dalle incombenze domestiche e dalle questioni immediate. Per questo ho sempre considerata straordinaria, nel Vangelo secondo Luca, la parabola di Marta e Maria, dove Gesù afferma di apprezzare più l’assorto ascolto di Maria che le premure della servizievole Marta. 

Ma ora mi sembra che tutti, uomini e donne, siano incalzati dalla fretta e dalla superficialità, per cui la capacità di pensare è diventata strumentale: penso solo a ciò che serve. Il tempo libero, sempre meno libero, non lascia spazio al silenzio, alla riflessione, all’immaginazione. Esistere e fare tendono a coincidere, il resto viene considerato una perdita di tempo. 

Per fortuna i bambini, in quanto si sottraggono a questo ricatto, sono rimasti gli ultimi filosofi. Prevedo che entrambi i vostri figli soffriranno molto per la morte della nonna ma Giacomo non mancherà di interrogarsi anche sul mistero della fine. 

Non so se siete credenti ma, in caso affermativo, avrete già pronta la risposta più consolatoria: la promessa di ritrovarsi nell’al di là. Per i non credenti è invece più difficile dar ragione di una sparizione improvvisa che non prevede rimedio: si muore una volta sola e per sempre.

In proposito Françoise Dolto, una delle più significative psicoanaliste francesi, suggerisce di rispondere semplicemente così: «si muore perché si nasce. Tutto ciò che comincia finisce». 

È vero, ma a me sembra una constatazione un po’ troppo astratta per la mente di un bambino. Direi di aggiungere qualche osservazione più personale, come: «la nonna era così buona: sempre pronta ad aiutare, consolare, divertire, così brava a preparare la macedonia, a leggervi i libri, a portarvi in montagna, che non la dimenticheremo mai. Lei vivrà per sempre nei nostri cuori». 

Preparatevi però al seguito perché il vostro piccolo filosofo non si fermerà qui. Vorrà saperne molto di più. E voi restituitegli la parola, fategli esporre le sue idee e vedrete che sono così profonde da indurvi a pensare. 

Noi adulti prendiamo ciò che accade come qualcosa di scontato, i bambini invece hanno il senso dell’enigma e l’urgenza di conoscere. Metterci in sintonia con loro ci aiuta allora a ritrovare la meraviglia, il sentimento che anima la ricerca. Per Aristotele, la meraviglia, premessa del filosofare, aiuta a porsi le giuste domande. Forse l’ambito più idoneo alla speculazione infantile è l’ecologia perché i più piccoli avvertono con i sensi, ancor prima che con l’intelletto, il pericolo che minaccia la vita sul nostro pianeta e, con la loro stessa fragilità, ci inducono a salvaguardarla.