Da quando, in seguito alle previsioni di lungo termine degli Uffici di statistica federale e cantonale, è emerso che la popolazione del Canton Ticino è destinata a diminuire durante i prossimi trent’anni, l’andamento demografico è diventato un tema politico di rilievo. Non che, almeno per il momento, di discuta di misure che potrebbero combattere la tendenza in atto. I più, anche nel nostro parlamento, sono convinti che l’attrattiva del Ticino è tale che il saldo migratorio tornerà a crescere. Tuttavia è diventato evidente che, oggi, anche il mondo politico locale comincia a considerare il declino demografico con attenzione. Basta che un comune qualunque, di grande o di piccola taglia, segnali una ripresa del numero dei suoi abitanti perché la notizia venga pubblicata e celebrata in tutti i media. Intanto osserviamo che sono stati pubblicati i dati relativi all’andamento del movimento naturale per il 2021. La differenza tra nascite e decenni è stata, anche lo scorso anno, negativa. I decessi hanno infatti superato le nascite di 558 unità. Pur restando sempre negativo, il saldo negativo del movimento naturale si è significativamente ridotto. Questa riduzione deve essere attribuita alla diminuzione del numero dei morti per la pandemia di Covid.
Se consideriamo quanto è successo nel 2020, in termine di aumento della mortalità, come un fatto eccezionale, dobbiamo riconoscere che il saldo del movimento naturale del 2021 ritrova i valori che si erano già manifestati tra il 2017 e il 2019. Si tratta di valori sensibilmente più alti di quelli registrati tra il 2010 e il 2017. Perché la popolazione del Canton Ticino aumenti occorre attualmente che il saldo migratorio sia positivo e superi le 500 unità. Perché aumenti a un tasso annuale dello 0,3% – che è quello che, qualche anno fa, gli avversari della crescita demografica volevano imporre alla Svizzera con un’iniziativa costituzionale – occorrerebbe che il saldo migratorio annuale fosse superiore alle 2200 persone. Si tratta di un traguardo che, oggigiorno, è diventato irraggiungibile per la demografia ticinese. Tra un paio di mesi, quando saranno pubblicati i dati relativi all’evoluzione complessiva della popolazione sapremo se il saldo del movimento migratorio riuscirà, per il 2021, a compensare le perdite dovute al movimento naturale. Se dovesse ritrovare il valore del 2020, quando il saldo migratorio si rivelò positivo e superiore alle mille unità, è molto probabile che lo possa fare. Sarà l’occasione per molti di dichiarare che le difficoltà demografiche del Ticino stanno scomparendo come, di solito, passa il mal di testa quando cessa il favonio. Di fatto però l’evidenza statistica degli ultimi anni ci dice che la stagnazione demografica è arrivata da noi per restarci. Più che all’invecchiamento della popolazione la responsabilità di questo rallentamento demografico è da attribuire al crollo del saldo migratorio. Lo stesso, come si può rilevare dal grafico, ha cominciato a manifestarsi nel 2013 probabilmente per il concorso di diversi fattori negativi che si sono accumulati, nel corso del secondo decennio del nuovo secolo. È abbastanza semplice farne l’inventario.
Dapprima bisogna ricordare la rapida espansione dell’effettivo di manodopera frontaliera. Per un lavoratore straniero che lavora da noi il bilancio costi/benefici del risiedere in Ticino o in Italia si chiude largamente a favore di un domicilio nella zona di frontiera della vicina Repubblica. Contrariamente a quanto pensano ancora in molti – in particolare le persone di una certa età – il Ticino non è un Cantone particolarmente attrattivo per mettervi su casa. Affitti, imposte e assicurazioni pesano sul bilancio di una famiglia di lavoratori molto più di quanto non lo facciano se la stessa si domiciliasse in un comune di frontiera italiano. Se il Ticino vuole recuperare demograficamente terreno deve dunque cominciare a pensare seriamente come attirare famiglie di lavoratori stranieri battendo la concorrenza del frontalierato. Abbiamo più di una carta da giocare. La stabilità del nostro sistema politico, la qualità dell’infrastruttura, l’ottimo livello del nostro sistema educativo, dall’asilo all’università, l’efficienza e l’efficacia dei servizi pubblici sia a livello locale che a livello cantonale. Ma è anche vero che gli affitti, specie là dove si concentrano le occasioni di lavoro, sono elevati e che, in materia di salario, non figuriamo tra i primi Cantoni in Svizzera.