Lavori in corso

/ 01.11.2021
di Cesare Poppi

L’episodio è rimasto in quello zibaldone di fatti e misfatti fra cronaca, imprecazione e fantasia che è la tradizione folclorica del popolo romano. Si racconta nella fattispecie che, spazientito dai ritardi del suo operaio – o forse presago che la sua vita non sarebbe durata ancora molto – Papa Giulio II Della Rovere si recasse nottetempo nella Cappella Sistina dove, lassù sulle impalcature della volta al lume di speciali torce da lui stesso inventate che gli permettessero di lavorare nelle condizioni di luce migliori, Michelangelo fosse intento a dipingere il suo capolavoro. «Allora, quando finiamo?!». Domandava spazientito il Pontefice. «Finiamo quando possiamo, Santità!» era la risposta che rimbalzava regolarmente dalle cavernose vele lassù. I lavori durarono dal 1508 al 1512. Poi, finalmente, il primo novembre dell’anno del Signore 1512, Festa di Ognissanti, la volta affrescata fu svelata ad uno sceltissimo pubblico di cardinali, prelati, nobili e diplomatici accreditati. Fu subito un successo urbi et orbi, tanto che una sapiente amministrazione delle visite divenne una sorta di termometro politico del placet del visitatore di turno, abilmente selezionato, presso la Cattedra di Pietro.

Giulio Secondo non sopravvisse a lungo all’evento: sarebbe infatti morto l’anno successivo, il 21 febbraio 1513. E sarebbero poi passati altri 23 lunghi anni – che videro fra gli altri consumarsi il Sacco di Roma da parte dei Lanzichenecchi – e ci sarebbero poi voluti altri due Papi – Clemente VII e Paolo III – per persuadere il lunatico fiorentino a tornare a Roma e dipingere quel Giudizio Universale che Goethe avrebbe poi descritto come un’impresa insuperata del genio umano. La Cappella era stata fatta costruire fra il 1473 ed il 1481 – o meglio: ricostruire – da Papa Sisto IV per ospitare in tutta sicurezza i Conclavi (cum clavis perché i grandi elettori ci sarebbero stati letteralmente chiusi dentro a chiave durante le elezioni pontificali) ed evitare per quanto possibile interferenze esterne. A decorare le pareti erano stati chiamati alcuni dei grandi artisti dell’epoca: Perugino, Botticelli, il Pinturicchio, Ghirlandaio ed altri. Ma la volta restava nuda.

Poi furono il caso e l’accidente, come spesso succede, a prendere le redini della Storia. Lungo la volta si aprì un brutta crepa che rese necessario un intervento di restauro radicale durante il quale si cominciò a far circolare la voce che, per mascherare il castrone evidente, sarebbe stata una buona idea dipingere la volta e – perché no – magari affrescarla. A questo punto mancava solo un Papa soprannominato «il Papa Guerriero» o «il Papa Terribile» per persuadere un altrettanto terribile Michelangelo Buonarroti ad impugnare per lui – lui che era scultore – i pennelli. Intanto che maturavano i negoziati per la grande impresa, Michelangelo si schermiva facendo lavoretti – diciamo così – tanto per tenersi buono il potente patrono.

Si tramanda fra gli ultimi popolani di Trastevere «romani dde Roma» che Michelangelo avrebbe disegnato la divisa della Guardia Svizzera Pontificia voluta dallo stesso Giulio II ed inaugurata il 22 gennaio 1506, due anni prima ovvero che Michelangelo si mettesse a lavorare seriamente alla Sistina. In quel giorno, una compagnia di 150 mercenari entrarono a Roma in solenne parata dalla Porta del Popolo al comando del Capitano Kaspar Von Silenen del Canton d’Uri. Non mancavano gli sponsor: mercanti tedeschi d’Amburgo ed anche i grandi banchieri Fugger – avevano investito somme rilevanti a Roma con il benestare papale e non intendevano che il loro Agente in Vaticano potesse essere vittima di una congiura di palazzo curiale, ipotesi tutt’altro che peregrina specie di quei tempi. La Guardia Svizzera ebbe presto occasione di mostrare la sua lealtà come guardia del corpo personale del Papa.

Durante il Sacco di Roma del 1517, Papa Clemente VII cercava di raggiungere Castel Sant’Angelo attraverso il cosiddetto «Passetto del Borgo». Intercettati dai Lanzichenecchi, gli Svizzeri ingaggiarono battaglia: di 189 armigeri si salvarono in 42, ovvero solo quelli direttamente coinvolti nella difesa del corpo del Pontefice mentre gli altri ritardavano l’inseguimento delle truppe di Carlo V. Il resto è storia del corpo di guardaspalle più colorato del mondo: e che griffe