A chi fra gli attenti ed inquisitivi lettori dell’Altropologo si fosse domandato da dove salti fuori il nome «Lautaro» – oggi presente sulle cronache sportive di tutta Europa grazie ai gol di Lautaro Martinez, centravanti di un’Inter risorta dall’oblio e di una nazionale argentina mai entrataci – bisognerebbe suggerire di andare indietro nella storia del continente sudamericano.
Lautaro è la forma spagnola di Lef-Traru, «Falco Veloce» nella lingua Mapudungun parlata dai Mapuche, gli abitanti nativi dell’Araucania, fra il Cile centro-meridionale e l’Argentina. Lautaro gode ancora di fama semi-leggendaria, una sorta di Guglielmo Tell americano, come leader in vita ed ispiratore delle tattiche di combattimento che videro i Mapuche opporsi all’invasione spagnola durante la Guerra dell’Araucania. Questa si trascinò a varie riprese con esiti alterni fra la metà del ’500 e la metà del secolo successivo, ricordata dagli spagnoli come «le Fiandre Indiane» a causa dell’elevato numero di perdite. Gli spagnoli erano determinati a ridurre i Mapuche allo stato servile per costringerli a lavorare nelle miniere d’oro e questi naturalmente non ci stavano. Falliti i tentativi di giungere a una qualche mediazione con gli invasori si passò alle vie di fatto: come riporta il cronista Diego de Rosales, il capo dei Mapuche Lientur, leader della fase tarda della guerra «Meglio morire combattendo che vittime di una pace ingiusta».
Lautaro nacque probabilmente nel 1534 a Traguaco, in Cile, e morì giovanissimo – si dice sui 22-23 anni nelle regione di Maule. Era stato catturato ad 11 anni durante le prime schermaglie che avrebbero innescato la resistenza secolare dei Mapuche. In quanto figlio di Curiñanco «Falco Nero», un lonko (capo in tempo di pace) Mapuche, Lautaro passò l’adolescenza come servo personale di Pedro de Valdivia, capo dei conquistadores. Il contatto costante con Don Pedro lo rese famigliare con le tattiche militari degli spagnoli che osservava attentamente mentre seguiva a cavallo il suo padrone, si prendeva cura della scuderia personale del Generale ed imparava a non aver timore di quel carro armato che era il cavallo agli occhi dei Mapuche diventando lui stesso un ottimo cavaliere. Il capitano Marcos Veas, che aveva sviluppato un particolare affetto per quel giovane schiavo che lo seguiva in battaglia col compito di scudiero, gli insegnò ad usare le armi degli spagnoli e le tattiche di cavalleria. Lautaro imparò peraltro anche ad odiare segretamente Pedro de Valdivia per la sua crudeltà. Determinato a dare una lezione ai resistenti questi arrivò ad ordinare di tagliare mani e piedi a tutti i membri della tribù di Curiñanco, compresa sua moglie – atrocità ripetute in altre occasioni anche alla presenza del suo fedele servo. Una volta persuaso di aver imparato abbastanza, Lautaro fuggì una prima volta del 1550, ed una seconda nel 1553. I Mapuche al tempo erano riusciti per la prima volta a federarsi come nazione. Elessero come toquì (capo in tempo di guerra) Caupolicàn. Questi nominò suo vice Lautaro, col compito di formare una cavalleria Mapuche ed insegnare disciplina e tattiche militari avanzate ai guerrieri. Al comando di 6000 guerrieri Lautaro si impadronì del forte di Tucapel mettendone i fuga la guarnigione. Lautaro era sicuro che Pedro de Valdivia avrebbe provato a riconquistarlo – cosa che regolarmente avvenne il giorno di Natale 1553. Sarebbe stata l’ultima battaglia del conquistador: le sue truppe furono massacrate, il loro comandante catturato e passato per le armi.
La più grande vittoria di Lautaro, quella che lo consegnò alla storia non solo come combattente per la libertà ma anche come brillante stratega militare, fu la Battaglia di Mariehueñu. Qui, il 23 febbraio 1554, annientò le forze di Villagra, successore di Valdivia. Seguirono una serie di altri successi militari che si sarebbero probabilmente conclusi con la cacciata degli spagnoli dal Cile. Ma i Mapuche erano stanchi di guerre. La spedizione decisiva che Lautaro comunque condusse alla liberazione di Santiago contava ormai solo 600 guerrieri. Cadde in un’imboscata istigata da informatori Picunche, nemici dei Mapoche. Lautaro fu ucciso nelle prime fasi della battaglia e la sua armata si dette alla fuga. Poco dopo la sua testa campeggiava nella Plaza Mayor di Santiago.
Mezzo millennio più tardi i Mapuche stanno ancora combattendo per vedere i loro diritti riconosciuti da quegli stessi Governi (democratici) che celebrano Lautaro come padre della Nazione.
Historia Magistra Vitae?