Martedì 2 novembre 2021 un gigantesco aereo di linea è atterrato per la prima volta in Antartide, dopo cinque ore di volo da Città del Capo, Sudafrica. Naturalmente non è il primo aereo che atterra tra i ghiacci del Polo sud. Già nel 1928 il pilota ed esploratore australiano George Hubert Wilkins arrivò qui col suo monoplano Lockheed Vega. Ma un Airbus A340 da duecentocinquanta tonnellate è un’altra cosa… In Antartide non ci sono aeroporti, solo qualche pista ricavata sul ghiaccio che tuttavia, quando fa abbastanza freddo, regge bene anche aerei molto pesanti. Il problema maggiore semmai è il riflesso del ghiaccio, che costringe i piloti a utilizzare occhiali speciali durante l’atterraggio.
Il volo è stato organizzato da Hi Fly, una compagnia charter portoghese, in vista dell’apertura in Antartide di un nuovo campo avventura di lusso. Al Polo sud non ci sono residenti, solo basi di ricerca internazionali dove vivono circa diecimila scienziati. Nella buona stagione, ovvero in questi mesi, si aggiungono quarantamila turisti. Arrivarci però non è facile. Ci si imbarca su moderne navi da crociera tascabili (solo cento passeggeri) nel porto di Ushuaia, nel sud della Patagonia, vicino alla punta estrema del Sud America. Si esce in mare aperto attraverso il canale di Beagle e poi per due giorni si attraversa il famigerato e tempestoso passaggio di Drake, un’autentica prova d’iniziazione quando il mare è in burrasca. Rimangono quattro o cinque giorni per ammirare iceberg, foche, pinguini, elefanti marini e balenottere. Naturalmente il costo è elevato: si fa presto a spendere diecimila franchi.
Coi suoi quattrocentocinquanta posti per ogni volo l’Airbus A340 potrebbe aprire la via a un salto di scala nelle frequentazioni antartiche. È una buona notizia? È quasi inutile sottolineare quanto questi ecosistemi siano estremamente fragili. Si produce anzi un effetto opposto e paradossale, ovvero di favorire il cosiddetto turismo «prima che scompaiano» (Last Chance Travel): poiché siamo consapevoli che già tra qualche anno potrebbe essere troppo tardi per vedere alcune parti del mondo, cerchiamo di visitarle ora, con l’effetto di peggiorare la situazione. È la solita vecchia storia del turismo che uccide le sue mete per troppo amore.
In passato non avrei esitato a condannare questo ingenuo desiderio di visitare luoghi estremi. Ma da qualche tempo qualcosa è cambiato. L’emergenza climatica si fa tragicamente pressante e, quel ch’è peggio, il Polo sud si riscalda in media cinque volte più velocemente del resto del pianeta. Gli effetti sono già visibili. Nei primi mesi del 2002 la piattaforma Larsen B, una distesa di ghiaccio grande come la Valle d’Aosta, si staccò dall’Antartide squagliandosi nel mare.
Inoltre, solo poche settimane fa gli scienziati hanno dato l’allarme per il troppo rapido scioglimento del fronte orientale del gigantesco ghiacciaio Thwaites, il ghiacciaio dell’apocalisse: da solo potrebbe far aumentare di oltre mezzo metro il livello di tutti i mari del mondo. A differenza del Polo nord, già per buona parte sommerso nell’acqua, i ghiacci del Polo sud si trovano invece sopra la terraferma e dunque aggiungono acqua al mare.
Qualcosa di simile sta avvenendo anche tra i ghiacciai dell’Himalaya, anch’essi in rapida ritirata secondo una recente ricerca pubblicata su «Scientific Reports». E il ghiaccio dell’Himalaya alimenta il flusso di fiumi come il Gange e l’Indo, dai quali dipende la vita quotidiana di decine di milioni di persone.
Questi eventi decisivi per il nostro futuro sono causati da quel che facciamo qui e ora, dal nostro smisurato consumo di energia, ma le loro conseguenze si avvertono poi in zone remote e deserte del pianeta, come appunto l’Antartide o l’Himalaya. A causa delle barriere geografiche mancano però testimonianze dirette. Le nostre informazioni vengono tutte dai satelliti o dai pochi scienziati (non proprio i comunicatori più efficaci). Di conseguenza non c’è una sufficiente consapevolezza dell’importanza del problema, premessa necessaria per ogni intervento risolutore. Ecco perché in queste circostanze straordinarie potrebbe aiutare anche il turismo − naturalmente con buone guide e un ridotto impatto ambientale − se farà sentire più vicini questi luoghi estremi: perché alla fine del mondo si decide la fine del mondo.