Cara Silvia,
questa volta è un marito che le scrive, contando sul suo aiuto per capire quello che sta succedendo nella nostra coppia. Sposati da sei anni, non abbiamo figli non avendo mai trovato il momento di decidere. Non siamo certo presi da compiti sublimi che salveranno l’umanità. Semplicemente troviamo difficile vivere la nostra vita, affrontare la quotidianità, tollerare l’abitudine. Nora, mia moglie, è una donna bella, intelligente e affermata sul lavoro ma perennemente insicura del suo valore. Prima di uscire a cena con gli amici, mi chiede mille volte: «Sto bene così?», «Sarò la peggio vestita, tutti capiranno che siamo i più poveri…» e così via. Dopo continui paragoni, il suo ritornello è: «non sono all’altezza, non valgo niente». Come avrà capito, le mie sincere rassicurazioni non servono a tranquillizzarla. Inghiottite in un gorgo di disistima, si dissolvono come neve al sole. Il peggio è che anch’io, non sembrandole mai all’altezza della situazione, sto perdendo fiducia in me stesso.
Ascolti il nostro dialogo dell’altra sera, appena rincasato dal lavoro.
Lei: hai fatto la spesa?
Io: sono appena entrato, potresti chiedermi come va.
Lei: ti dimentichi sempre tutto!
Io: invece la spesa l’ho fatta.
Lei: Ah! non posso crederci, per una volta!
La mancanza di stima che Nora prova per se stessa la butta su di me cercando di comunicarmi la sua scontentezza. E dai e dai, temo ci stia riuscendo ma vorrei, finché sono in tempo, sfuggire a questo tranello. Con il suo aiuto, se possibile. Grazie. / Claudio
Caro Claudio,
la situazione che descrivi è molto più comune di quanto si creda e non è possibile uscirne finché ci si limita a valutare i fatti e confrontare i comportamenti.
Chi potrà mai decidere in modo assoluto se Nora è vestita meglio o peggio delle altre? Tutto dipende dai gusti, dai punti di vista, dalla situazione. Probabilmente qualche volta ti sarai scordato di fare la spesa, ma è il caso di farne un’imputazione permanente? Invece di rievocare gli episodi negativi cerca, come stai facendo, di comprendere la mentalità di tua moglie. Probabilmente è stata educata da una mamma molto esigente, che le ha imposto di essere perfetta e ora, dopo molti anni, quella voce la perseguita ancora senza poterla mettere a tacere dato che è il suo stesso Io a darle parola. In realtà tutti, volendo essere completamente realizzati, ci scontriamo con una certa inadeguatezza.
Nessuno sarà mai all’altezza dei propri ideali, altrimenti non sarebbero tali. Se essere umani significa essere imperfetti inutile, salvo gravi colpe, infierire contro di noi. Meglio accettarci e, dopo una condanna morale delle azioni che hanno arrecato danno e sofferenza, assolverci pensando che ognuno è unico, inconfrontabile, detentore di un personale valore sin dalla nascita. Eppure molte persone rifiutano la self-compassion sentendosi umiliate dall’ammettere il bisogno d’indulgenza (Kristin Neff, La self-compassion. Il potere dell’essere gentili con se stessi. Franco Angeli, Milano 2019). Ma la self-compassion è tutt’altro che resa incondizionata, significa piuttosto assumere un atteggiamento positivo, di gentilezza e di accudimento nei propri confronti. Per secoli alle donne si è chiesto di prendersi cura degli altri ignorando i propri bisogni e desideri.
Ora è giunto il tempo di includere anche noi stesse tra le persone da amare, proteggere e confortare. Di fronte alle inevitabili difficoltà della vita, dobbiamo prendere atto della nostra sofferenza invece di ignorarla, considerandola una perdita di lucidità e di efficienza. Viviamo in una società estremamente competitiva che cerca di convincerci che, per quanto possiamo dare, non sarà mai abbastanza. Ma spesso è il troppo che ci opprime e ci induce a opprimere gli altri.
In un momento d’intimità, leggi con tua moglie queste considerazioni e aiutala a riflettere su quanto riguardino la sua, la vostra vita. L’esercizio continuo di confronto e giudizio vi fa solo male. Vi sono in noi esperienze negative – sentimenti di disagio, di vergogna e di colpa – che non possono essere cancellati ma che, una volta ammessi, non devono risolversi in una pena senza fine. L’apprezzamento di sé apre una parentesi di pace e di armonia che aiuta a comprendere e apprezzare i meriti di chi ci sta accanto. Ci vuole molta forza per interrompere l’abitudine all’autocritica incondizionata, spesso tagliente come la lama di un coltello, e imparare a sorridere. In fondo la self-compassion chiede solo di essere gentili con se stessi e di accettare la vita così com’è rinunciando a sentirsi migliori degli altri. Possiamo fare del nostro meglio per rendere più confortevoli le reazioni reciproche utilizzando le parole di conforto che siamo soliti rivolgere agli amici in difficoltà. Cerca, caro Claudio, di indirizzare lo sguardo di Nora sul bene e il bello che stanno intorno a voi e dentro di voi. Lo splendore è una qualità umana che illumina il mondo.