Largo alle mamme, anzi, alle Madame

/ 25.03.2019
di Bruno Gambarotta

«Madamina, il catalogo è questo delle belle che amò il padron mio», canta Leporello a donna Elvira nel libretto del don Giovanni, scritto da Lorenzo da Ponte per Mozart. L’appellativo è tornato alla ribalta della cronaca: un gruppo di sette giovani donne torinesi ha promosso attraverso la rete una riuscita mobilitazione popolare di protesta contro un modello di decrescita felice che blocca il cantiere dell’Alta Velocità (TAV) della Torino Lione. Una consigliera comunale dell’attuale maggioranza in Comune le ha denominate per dileggio «le madamine».

Si legge sul Gran Dizionario Piemontese-Italiano di Vittorio di Sant’Albino, del 1859, la seguente definizione di «Madamina»: «Titolo che talora si dà alla nuora per distinguerla dalla suocera, o a chi per condizione è alquanto al di sotto di colei, a cui le si conferisce il titolo di madama». Nell’uso corrente la qualifica di «madamina» ha un alone di frivolezza, di chiacchiere dall’estetista o davanti a una tazza di tè. La definizione è stata dalle interessate assunta con orgoglio e ribaltata. Era già successo altre volte, ricordiamo il caso degli Impressionisti. Per una curiosa coincidenza è aperta, sempre a Torino, l’affascinante mostra dedicata alle Madame Reali. Torniamo al Sant’Albino: Madama: «Titolo d’onore che si dà a donna maritata di civil condizione».

Naturalmente la mostra è ospitata a Palazzo Madama, l’antica fortezza degli Acaja che prese questo nome dopo che prima l’una e poi l’altra la scelsero come residenza. Sono in due a guadagnare il titolo di Madama Reale, ritrovandosi vedove prima che l’erede al trono diventi maggiorenne. Cristina è figlia e sorella di due re di Francia, sua madre è Maria de Medici, nel ritratto qui esposto è basoffiona, paffuta e contegnosa, ma sappiamo dalle cronache che l’apparenza inganna, Maria aveva una mente e un fiuto di prim’ordine. Cristina arriva a Torino per sposare Vittorio Amedeo I il 10 febbraio 1619, nel giorno in cui compie 13 anni. Viso triangolare, grandi occhi molto lontani, labbra sottili, sguardo freddo, non è difficile immaginare chi comanderà in famiglia. Il marito la lascia vedova il 7 ottobre 1637 e lei, che ha già perso il primogenito Francesco Giacinto, deve difendere la corona del figlio Carlo Emanuele II dalle mire dei cognati, fratelli del marito, Maurizio e Tommaso, che vorrebbero assoggettare il ducato alla Francia.

Viste le sue origini Cristina dovrebbe essere d’accordo ma qui prevale l’orgoglio di una madre che vuole conservare il ducato al figlio. Scoppia la guerra civile fra principisti e madamisti, i consiglieri della città di Torino sono con i cognati, ma, quando lei, consigliata da Filippo d’Agliè, il suo amante, baffo malandrino e occhio libidinoso, vincerà la contesa, saranno lesti a inginocchiarsi ai suoi piedi. L’emblema di Cristina è un diamante con il motto: «Plus de fermeté que d’éclat», più di sodezza che di splendore. Maurizio, cardinale dall’età di 15 anni, si scardinalizza e sposa Ludovica, sua nipote, così Cristina diventa sua suocera. Le storie di bambine vendute dai padri a maturi mariti fanno scandalo ma quando si tratta di famiglie reali la cosa è data per scontata.

A sua volta Carlo Emanuele II sposa una lontana cugina, Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours in arrivo da Ginevra e nemmeno di sangue reale. Morendo prematuramente, il 12 giugno 1675 all’età di 41 anni, Carlo Emanuele II la fa diventare la seconda Madama Reale. Il futuro duca Vittorio Amedeo II ha solo 9 anni quando resta orfano. Mentre suo padre, Carlo Emanuele II, si è dimostrato succube della madre Cristina per tutta la sua breve vita, Vittorio Amedeo è di ben altra tempra. Il 14 maggio 1680, a 14 anni, raggiunge la maggiore età e, poiché la madre insiste a volerlo dirigere, a 18 anni assume d’autorità il governo. La madre vorrebbe fargli sposare una sua nipote, figlia del re del Portogallo, così Vittorio Amedeo diventerebbe re di quel lontano paese e lei continuerebbe a governare il ducato. Amedeo si finge malato e il matrimonio sfuma.

Sposerà quella che decide lui, Anna Maria d’Orléans, figlia di Luigi XIV, proprio quel re che cingerà d’assedio Torino nel 1706 uscendone sconfitto. A sua madre non resta che ritirarsi in convento, presso le Carmelitane Scalze, la strada che già aveva percorso sua suocera, la prima Madama Reale. Per una sorta di contrappasso  anche Vittorio Amedeo II sarà esautorato: dopo aver abdicato in favore del figlio Carlo Emanuele III, giudicandolo inetto a governare, cambia idea e vuole riprendersi la corona. Al figlio e ai suoi ministri non resta che incarcerarlo fino alla morte nel castello di Moncalieri. Ma questa è un’altra storia.

Sta di fatto che, grazie al gusto, alla lungimiranza e all’energia delle Madame Reali Torino si trasforma, diventando una delle più belle capitali d’Europa. E se provassimo a introdurre la figura della Reggente e immaginare un’Italia governata dalle mamme di Conte, Di Maio e Salvini? Il nome della carica è pronto: le Madame Repubblicane.