Largo alle donne

/ 14.09.2020
di Angelo Rossi

Il 19 giugno di quest’anno il parlamento svizzero ha approvato, dopo anni di deliberazioni, la revisione del diritto azionario. Una delle novità di questa complessa revisione è l’introduzione di quote per assicurare un’equa rappresentanza femminile nei consigli di amministrazione e negli organi direttivi delle aziende quotate in borsa. Le quote femminili dovrebbero essere del 30% nei consigli di amministrazione e del 20% nelle direzioni. L’introduzione delle quote femminili interesserà circa 200 aziende che sono naturalmente tra le più importanti del paese. 

È chiaro che il legislatore conta che l’introduzione delle quote femminili nelle aziende più importanti agisca da detonatore per aprire alle donne la possibilità di accedere alle carriere manageriali in tutte le aziende. Ricordiamo che, per il momento, nelle aziende più importanti del nostro paese, la quota delle donne in posizioni di grande responsabilità è pari al 10%. Lo provano i risultati di due recenti inchieste che hanno preso in considerazione due campioni di 100, rispettivamente di 270 aziende. Di strada da fare ne resta quindi ancora molta per assicurare che le disposizioni di legge appena approvate siano soddisfatte. 

Prima di proseguire osserveremo però che l’importanza della quota femminile nelle posizioni direttive delle grandi aziende sembra dipendere anche dai criteri con i quali si definiscono e l’importanza delle aziende e la natura delle carriere direttive o dei posti di responsabilità che vengono affidati alle donne. Una piccola ricerca in Internet ci ha infatti permesso di stabilire che, nel caso delle aziende più importanti della Germania, per esempio, la quota femminile nelle posizioni di direzione varierebbe tra il 7 e il 32%, a seconda delle inchieste. 

Tuttavia i lettori non si spaventino: ci penseranno i burocrati, che stenderanno le ordinanze e i regolamenti, a precisare come vanno definite le quote femminili stabilite dalla revisione del diritto azionario. Ci si può chiedere piuttosto se una norma di legge basterà a cambiare una situazione di discriminazione acquisita da secoli. Risposte a questa questione si possono trovare nelle ricerche sugli ostacoli che si pongono alla donna che vuol far carriera. Dalle stesse si deduce in generale che, in Svizzera, le maggiori resistenze alla carriera professionale di una donna sembrano siano due. La prima è l’ostilità che la società manifesta in generale contro l’idea che una donna possa dedicarsi alla carriera professionale. Secondo me questa ostilità è forte nelle regioni di lingua tedesca e in Ticino mentre è sicuramente molto meno pronunciata in Romandia. Le cose stanno però cambiando, almeno nella Svizzera tedesca. Lo dimostra il fatto che oggi, per fare un solo esempio, il Politecnico di Zurigo è diretto da una donna: Sarah Springmann. È comunque vero che l’idea che le donne possano fare carriere importanti stenta però ancora a farsi largo nella società elvetica. 

L’altra resistenza sembra risiedere nel fatto che le donne sono meno decise degli uomini a voler fare carriera e a concentrarsi, se del caso, unicamente sull’attività lavorativa. Il problema è che per le donne, in particolare per quelle che hanno bambini, la carriera, con tutto quello che comporta, ha, anche in termini di qualità di vita, un costo superiore a quello che di solito devono sopportare gli uomini. Da questo profilo l’introduzione delle quote potrebbe però portare miglioramenti importanti, nella misura in cui si tradurrà anche in interventi e progetti, finanziati dal settore pubblico come dai privati, intesi ad eliminare gli ostacoli che impediscono oggi alle donne di far carriera. 

Per quel che riguarda le aziende, ci sono segni che le cose si stanno muovendo nella giusta direzione. Così la Mobiliare, la più vecchia ditta di assicurazioni della Svizzera, oggi al nono posto nella classifica nazionale, ha scelto di recente una donna come suo nuovo capo. Per di più si tratta di una ticinese: Michèle Rodoni, laureata in scienze attuariali dell’Università di Losanna. 

C’è dunque un futuro anche per le donne ticinesi nelle carriere manageriali? Sì, per il momento, però, sembra che ci sia solo fuori Cantone. L’esempio della Rodoni, però, potrebbe presto far scuola anche nella piccola patria! Ricordiamoci, a questo proposito, che, a breve, ci sarebbe una direttrice di Radio e Televisione da nominare.