L’anno duemila

/ 14.12.2020
di Ermanno Cavazzoni

Quando si è arrivati all’anno duemila, ci sono stati intensi festeggiamenti, la gente era come impazzita per il fatto che iniziava un nuovo millennio. Per tutta la notte del 31 dicembre è continuato un frastuono assordante, molti col fucile sparavano al cielo, qualche vecchio insonne e inconsapevole affacciato al balcone è stato ucciso; a mezzanotte sembrava una guerra, razzi di grande potenza solcavano l’aria, qualcuno difettoso è esploso a terra facendo una mezza carneficina e aumentando il numero di ciechi, di mutilati e di vedove, che avendo diritto alla reversibilità della pensione sono gravate per i decenni seguenti sulle casse dell’istituto di previdenza sociale.

Queste di mezzanotte erano espressioni di gioia, ma quando si è incominciato a gettare dalle finestre stoviglie vecchie, sedie sfondate, poltrone e tutto ciò che non era degno di entrare nell’anno duemila, cioè cassapanche, tavoli zoppi, qualche armadio sorpassato e ingombranti divani di due quintali, che a malapena passavano dalla finestra, qualche passante asociale ci è rimasto sotto schiacciato, per via che camminava lungo i muri con gli occhi bassi e una smorfia di rimprovero in faccia; chi poteva immaginare ci fosse sotto qualcuno? torvo e depresso come un topo da fogna; a passettini guardinghi scivolava via rasente i muri, dove tra l’altro, cioè tra le defecazioni, c’erano anche vomiti e piscia. Chi poteva immaginare ci fosse qualcuno, un misantropo, che non partecipava al tripudio e al rogo di mobilio al centro della piazza? e non si accorgesse che un divano stava precipitando su di lui da una finestra? Erano persone imprudenti che per un principio naturale di selezione non potevano andare nel duemila.

E d’altronde a gettare il divano erano in dieci, tutti avvinazzati, e gridavano; e uno di loro, più alticcio degli altri, è voluto restare sdraiato sopra il divano, nonostante gli gridassero «togliti!», non c’è stato verso, ed è caduto giù insieme al divano e a due bottiglie che sbandierava e voleva offrire con molti urrà e altri richiami al popolo tutto. Pure costui non è sopravvissuto, ma almeno ha abbandonato il vecchio millennio allegramente e in stato incosciente. È stata una notte particolare, di grande gioia indimenticabile, che si potrà ripetere solo tra mille anni, con molti feriti stesi sul lastrico, per l’esplosione di arsenali di polvere pirica.

La gioia, quando è tanta, non è dissimile a un gas che, per una nota legge di fisica, quando sia riscaldata oltre una soglia critica raggiunge una tale pressione che contenerla è impossibile, diventa una bomba, che esplode, tra il divertimento di molti e le contusioni, le ustioni e i decessi di tanti altri, più sfortunati, ma non meno contenti di essersi affacciati al terzo millennio.

E diciamolo, le precedenti occasioni non sono state colte: la prima volta, cioè l’anno zero, è passato senza che nessuno in tutto l’impero romano ne fosse consapevole, zero festeggiamenti, l’anno mille è stato in un’epoca di depressione e paure, tutti in casa ad aspettare la fine del mondo, che poi non c’è stata; e solo il duemila lo si è festeggiato nella consapevolezza, nella lucidità di un evento grandioso e raro. Che ha fatto vittime, sì, gli ospedali erano saturi e anche negli obitori si è fatta la fila, ma la popolazione ha goduto, una civiltà intera ha potuto sfogarsi e rinnovarsi come mai s’era fatto.

È stato così per tutti? No. Lo dico qui non per sminuire l’evento, ma perché ci si rifletta. Per il calendario musulmano si entrava nel 1378, un anno, come si vede a occhio nudo, senza nessun rilievo, senza zeri, anzi, numericamente depresso, viene voglia di andare a letto più presto del solito. Per il calendario ebraico entravamo nel 5760. Cosa c’è da festeggiare? Niente. Casomai un po’ d’invidia per questo numero grosso, che ci fa sentire arretrati, dei novizi con poco passato. Per i cinesi eravamo nel 4637, per i Maya nel 5114. Devo continuare?

Non c’era bisogno di far tanto chiasso per qualche zero completamente casuale e per un millennio modesto; sembrava di entrare nella fantascienza, mentre siamo appena usciti dal paleolitico. Era meglio se ce ne stavamo in casa in pigiama, senza clamore, senza gettare divani o dar fuoco ai mobili, tutte cose che provano che dal paleolitico forse non siamo del tutto usciti. Fare tanti morti e feriti per un numero, per di più scarso. Presi dalla foga non ci siamo guardati attorno, agli altri calcoli, ugualmente arbitrari. C’è da arrossire.