L’aeroporto di Agno al bivio

/ 19.02.2018
di Angelo Rossi

Secondo me, l’era degli aeroporti regionali è terminata. E terminata è anche l’era della politica aerea regionale. Penso che è un bene che sia così. Quando i ticinesi, come tanti Icari, pensavano con grande ingenuità, alle opportunità che poteva loro offrire il volo, il Ticino contava cinque aeroporti. Tre di loro – Magadino, Ambrì e Lodrino – erano aeroporti militari. Gli altri due – Agno e Ascona – erano aeroporti regionali a destinazione turistica o sportiva. Oggi tre di questi aeroporti o sono chiusi, o hanno un numero minimo di movimenti. Per gli altri due si pone la questione se continuare o no con l’attività aerea. Ricordo che la febbre del volo si sviluppò dopo la seconda guerra mondiale e, in particolare, a partire dalla metà degli anni Settanta quando incominciò il boom dei voli charter. Allora ci si accorse che il Ticino, con la sua offerta turistica, era molto periferico rispetto a centri di attività come Zurigo, Berna, Basilea e Ginevra, per non parlare delle città europee. Allora non esistevano ancora né la galleria autostradale del San Gottardo, né la galleria di base ferroviaria. Gli operatori del settore scoprirono inoltre che potevano orientarsi verso il turismo congressuale, ma che, per fare questo, avevano bisogno di un collegamento aereo con la piattaforma aerea nazionale, vale a dire l’aeroporto di Zurigo.

Con lo sviluppo delle attività finanziarie, poi, il Ticino economico imparò ad usare l’aeroplano anche per voli interni alla Svizzera. Vennero così gli anni delle grandi speranze e degli investimenti nell’aeroporto di Agno. Ma il volume dei trasporti aerei di quell’aeroporto non riuscì mai a decollare. Il numero dei passeggeri trasportati dalla linee che, nel corso degli ultimi decenni, lo hanno servito per qualche tempo oscilla, oggi, sulle poche centinaia di migliaia. Come per l’aeroporto di Belp/Berna e per quello di Altenrhein/San Gallo, i cui flussi di passeggeri pure si aggirano sulle 200’000 unità annuali, la questione della continuità della gestione si ripropone anche per Agno ad ogni fine esercizio. E non basta ricordare che l’aeroporto occupa un’ottantina di persone e genera un indotto per l’economia regionale pari a 260 milioni di franchi per giustificarne la permanenza. Nel frattempo, infatti, la domanda di voli da parte dei ticinesi è diminuita per diverse ragioni. Dapprima perché la piazza finanziaria sta ridimensionandosi e molte funzioni direttive delle banche con filiali in Ticino sono state spostate oltre San Gottardo. Poi perché dal Ticino, oggi, si può abbastanza rapidamente raggiungere l’aeroporto internazionale di Malpensa che, tra l’altro, offre voli per destinazioni turistiche internazionali più a buon mercato che Zurigo. In terzo luogo, perché, da più di un anno, funziona l’Alptransit, che consente al ticinese di raggiungere il centro di Zurigo, partendo da Lugano più velocemente che facendo il viaggio in aereo. Nello stesso tempo la domanda di voli per Lugano, partendo da altre città svizzere o dall’estero, non è aumentata.

Purtroppo bisogna arrendersi all’evidenza: la tendenza è alla diminuzione dei passeggeri in tutti gli aeroporti regionali. Perché passeggeri e voli aumentino sembra che non ci sia che un rimedio: incentivare i collegamenti con Lugano da parte di compagnie aeree che si occupano del traffico aereo a buon mercato, su breve e media distanza. Gli aerei di queste compagnie atterrano negli aeroporti regionali di Austria, Germania, Francia, Spagna e Italia, per non parlare di Olanda, Gran Bretagna, dei paesi scandinavi e dei Balcani. Ma, nel medio e lungo termine Agno, o il Ticino, non sembrano essere attrattivi per queste compagnie. Ci si può quindi chiedere se vale la pena di continuare a gestire l’aeroporto di Agno come un micro-aeroporto internazionale (con tanto di controllo doganale) e, soprattutto, se agli enti pubblici convenga investirvi, di nuovo, qualche decina di milioni di franchi per adeguare le strutture a una domanda di voli che non esiste più. Che la città di Lugano lo voglia fare, per ragioni di prestigio soprattutto, è comprensibile, anche se oggi non dispone più di liquidità in esubero. Che lo debba fare il Cantone è molto più discutibile. Visto come stanno andando le cose, è forse venuto il momento di pensare a un nuovo concetto di gestione per questo aeroporto, un concetto che consenta di coprire i costi che genera, anno per anno, senza dover ricorrere periodicamente a importanti iniezioni di fondi da parte dell’ente pubblico. Purtroppo per quel che riguarda il mercato dei voli aerei non è l’offerta che genera la domanda!