In una serra di un castello nel Derbyshire, il pomeriggio dell’otto novembre 1849, quarantacinque minuti dopo che era stato servito il tè, per la prima volta al di fuori del suo ambiente naturale, dopo anni di innumerevoli esperimenti falliti, sboccia un fiore di Victoria regia. Una ninfea originaria dell’Amazzonia dalle foglie abnormi, battezzata così nel 1837 dal botanico inglese John Lindley in onore della Regina Vittoria salita al trono quell’anno. Nel 1896, ancora in età vittoriana, per accogliere questa ninfea, nell’orto botanico dell’università di Basilea nei pressi della Spalentor, sorge una grande serra decagonale. La Victoriahaus (277 m) dove entro a fine mattina alle soglie dell’inverno.
Jardin d’hiver di vetro e ferro spennellato in verde pavone a forma di cupola alta sei metri progettata dall’architetto cantonale il cui nome di battesimo era destino: Victor Flück (1862-1941). Costruita a suo tempo dalla ditta Albert Buss & Cie, reputata per molti ponti e viadotti, questa è una replica del 1996. L’originale era così malridotta che si è dovuto purtroppo scegliere di ricostruirla, identica, pezzo per pezzo. A eccezione dei ghirighori in cima alla lanterna che sono dell’epoca, restaurati. Meglio di niente, perché pare sia l’ultima Victoriahaus rimasta in Europa. Appendo il mongomeri a uno dei ganci di metallo all’entrata. Sentirsi a casa, altrove, soprattutto in viaggio, benché di un giorno, è fondamentale. Getto subito uno sguardo nel bacino circolare – una decina di metri di diametro – senza vedere le smisurate foglie galleggianti della Victoria regia meglio nota oggi come Victoria amazonica. Bisogna accontentarsi della Victoria cruziana le cui foglie sono simili all’amazonica ma di certo meno impressionanti. Ninfea scoperta in Bolivia dal naturalista francese Alcide Dessalines d’Orbigny e chiamata così in omaggio a Andrés De Santa Cruz, presidente del Perù che ha sponsorizzato le sue spedizioni. Passeggiando nel tepore incontro però dopo pochi passi, l’esuberante fiore color porpora del Crinum asiaticum. Una bulbosa sempreverde del sud-est asiatico che può raggiungere anche i due metri di altezza.
Trovo estremamente consolatoria questa serra passeggiabile piena di piante tropicali acquatiche mentre fuori la natura va in letargo. Sempre aperta, dalle nove di mattina alle cinque di pomeriggio, oltre ai tea-room e i musei, non è per niente una cattiva idea come rifugio invernale. Degno di nota il verde tonificante e divertente, leggermente striato e coperto di goccioline, della Pistia stratiotes nota anche come lattuga acquatica. Mi sorprende il fiore della Nymphaea immutabilis. Una ninfea australiana che non si trova nel bacino centrale ma nella circonferenza d’acqua intorno. Gli stami sono giallo uovo mentre il bianco dei petali, sulle punte, vira un po’ al viola. La pace è interrotta solo dalle motoseghe dei giardinieri che potano gli alberi. Alzando gli occhi a perlustrare la struttura di ferro e vetro, evidente è l’associazione tra il disegno delle decine di rettangolini e la nervatura reticolata del genere Victoria. Non a caso la sua articolata nervatura aveva ispirato il favoloso Crystal Palace di Londra, perduto palazzo di cristallo ideato da Joseph Paxton nel 1851 dove la Victoria regia era l’indiscussa attrazione e dimorava in un giardino d’inverno quasi identico a questo. Del resto Joseph Paxton (1803-1865), architetto e botanico, è stato l’arteficie della prima straordinaria fioritura della Victoria nel Derbyshire costruendo la speciale serra precorritrice per Chatsworth House, il castello di proprietà dei Cavendish. Le banane Cavendish, la varietà solita di banane che trovate da sempre al supermercato, traggono il nome proprio dalle serre riscaldate dei Cavendish, duchi di Devonshire.
Alla fine è comunque peccato che lo stagno circolare in cemento non sia più vocato esclusivamente alla più grande ninfea del mondo, le cui foglie possono raggiungere anche tre metri di diametro. Verso il 1900, sulle cartoline in bianco e nero della Victoriahaus, è stata immortalata una bambina a bordo delle sue grinzose foglie. Arrivato al punto di partenza, mi chino a odorare le Spiranthes odorata visto il nome di queste orchidee dai fiorellini bianchi originarie delle paludi a sud degli Stati Uniti note anche come trecce di sirena. Pesciolini neri nuotano nell’acqua. Entra un signore di una certa età, appende il cappotto cammello e la sciarpa bordò. Mi saluta e si dirige verso la ninfea australiana. Tutti i giorni, alla stessa ora, sedendosi sul bordo del bacino sempre nello stesso punto, gli ultimi trentadue inverni della sua vita è sempre venuto qui a pranzare con un tramezzino ai gamberetti. Torna poi nel pomeriggio con una tazza di tè, abita poco lontano. «Qui i fiori di qualsiasi varietà di ninfea sbocciano solo tra le quattro e le cinque di pomeriggio» mi rivela infine. «Vivono un giorno» aggiunge. La sera la passa ancora tropicalmente: al Rio bar, dal 1977 ritrovo di molti eccentrici basilesi in Barfüsserplatz conosciuta anche solo come Barfi.