Molti «anziani» si sono inalberati quando le autorità hanno imposto loro (o energicamente suggerito) di ritirarsi in letargo. Questo perché trattare in tal modo un «over-65» non è stato percepito come un complimento; anzi, qualcuno si è offeso, rammentando che la vecchiaia di oggi non è paragonabile alla senilità di ieri, allorché la speranza di vita era inferiore di dieci-quindici anni.
Ciò detto, la questione dell’invecchiamento della popolazione rimane. Era già presente nell’era a.C. (avanti-Covid) e rimarrà anche negli anni d.C. (dopo-Covid). Nel nostro cantone, i pensionati sono all’incirca 80mila, una bella porzione di società, attiva in molteplici settori, soprattutto nelle organizzazioni di volontariato, senza dimenticare il contributo, non solo assistenziale, a figli e nipoti.
La generazione che ha appena varcato la soglia della terza età è una generazione fortunata. Nata e cresciuta dopo il secondo conflitto mondiale, non ha conosciuto le ansie e le privazioni dei genitori; è anzi vissuta nel clima euforico degli anni 60, un periodo di rapida crescita economica, tanto che allora il governo dovette intervenire per frenare gli eccessi sistemici, ovvero il «surriscaldamento» della macchina produttiva. Ottimismo e immigrazione avevano ridato slancio alla curva demografica («baby boom») e democratizzato l’accesso alle scuole superiori e alle università, fino a quel momento riservate alle élites. Più facili i viaggi, più impellente il desiderio di lasciare il focolare domestico e partire per il mondo.
Anche le frontiere assumevano tratti meno arcigni e minacciosi, almeno all’interno della Comunità economica europea, iniziativa che riuniva sotto lo stesso tetto nazioni che avevano da poco deposto le armi, protagoniste di una lunga guerra civile europea (per alcuni iniziata nel 1914, per altri già nel 1870). I costruttori dell’edificio comunitario miravano in primo luogo a questo: a non più riaccendere la miccia che aveva ridotto in cenere il continente. La Svizzera rimaneva alla finestra, nella nicchia dell’Associazione del libero scambio, ma molti giovani, che in seguito avrebbero ricoperto funzioni dirigenziali (nella politica, nell’economia, nell’insegnamento e nell’informazione), seguirono con attenzione e passione quel processo di costruzione, garante di pace e foriero di prosperità.
Tutto questo ha forgiato nei giovani del dopoguerra un «imprinting» che ora ritroviamo negli orientamenti, negli stili di vita, nelle scelte culturali delle pantere grigie: quante offerte cadrebbero oggi nel vuoto – dalle mostre alle conferenze, dagli spettacoli teatrali ai concerti – senza l’apporto del pubblico attempato, partecipazione resa possibile dal meccanismo delle rendite. L’impianto assicurativo congegnato dal 1948 in poi ha permesso di lasciarsi alle spalle le angustie conosciute dagli antenati. L’approvazione in votazione popolare (6 luglio 1947) della legge applicativa dell’Avs fu salutata dalla stragrande maggioranza della popolazione come una conquista civile memorabile: «Con l’Assicurazione vecchiaia e superstiti» osservò il «Giornale del Popolo» in prima pagina «entra in vigore una provvidenziale legge di solidarietà. Il popolo sapeva che le prestazioni previste dalla legge importano sacrifici, sapeva che per ricevere bisogna dare. Coscientemente ha accettato tutti i sacrifici, tutti gli oneri per garantire ai vecchi, alle vedove e agli orfani una esistenza meno incerta e penosa. È una decisione che fa onore al popolo svizzero, ai suoi sentimenti cristiani, alla sua solidarietà». Schiacciante il consenso nel canton Ticino: 28’193 sì contro 2920 no.
Da ultimo va ricordato che le premesse dell’attuale era informatica furono in buona parte poste dagli odierni neo-pensionati («jeunes retraités»). Furono loro – con alla testa Steve Jobs e Bill Gates, entrambi nati nel 1955 – a progettare i primi computer domestici, dal Commodore al Macintosh, entrati nelle nostre case nella prima metà degli anni 80. Un’innovazione che ha rivoluzionato sia i processi di produzione e comunicazione, sia le abitudini di consumo.
Inserire la generazione dei microchip e del web nei gruppi a rischio è dunque parso esagerato, quasi un affronto. Però attenzione: ostentare un baldanzoso giovanilismo potrebbe anche rivelarsi controproducente, ovvero portare acqua al mulino di chi auspica l’innalzamento dell’età di pensionamento a 67-70 anni… Le casse pensioni hanno già lanciato l’allarme sulla tenuta dell’intero sistema previdenziale, primo e secondo pilastro.