Il viale alberato di tigli, a doppia fila, in leggera salita, supera ogni aspettativa a proposito del cimitero di Bois-de-Vaux. Opera della vita di Alphonse Laverrière (1872-1954), architetto sepolto qui con la moglie Adèle, nella cui prima parte, realizzata tra il 1922 e il 1934, passeggio adesso lungo il magnifico preludio prospettico di non so quanti tigli potati un po’ a piramide. Le due strisce d’erba dove sono state piantate, precise, le coppie di Tilia cordata con le foglioline verde chiaro spuntate da poco, mostrano la loro spontaneità: erba libera aggraziata da margheritine, muscari, soffioni.
A monte di questa naturalezza c’è Paolo Fornara, il capo giardiniere ticinese che da un decennio ha tolto i diserbanti da questo cimitero considerato, dai conoscitori, uno dei più bei parchi di Losanna. Alla fine del viale alberato di settantaquattro tigli (non ho resistito a contarli: diciannove file di quattro meno due che mancano) sorprende il gracidare forte e allegro delle rane. Altro segno confortante della selvaticità ritrovata di questo cimitero-parco ispirato al microbiologo del suolo Masanobu Fukuoka, ideatore dell’agricoltura del non fare. Il contrasto, con gli schemi geometrici – tipici del giardino alla francese – secondo i quali sono disposti gli alberi, accentua la bellezza sia del rigore sia dello spontaneo.
Le rane nuotano nella grande vasca centrale con rocailles sommerse e pesci-fontanelle. Il settore nove, dove devo andare, è proprio qui a destra. Un’altra vasca, elegantissima e stretta, termina ai piedi di una stele-croce con simbologia varia tipo candelabri a sette braccia e pesci infilzati da ancore. Tutto è disegnato da Laverrière, autore anche del suo stesso monumento funebre e di quello in granito verzaschese per il rinnovatore dei giochi olimpici (de Coubertin). Lo specchio d’acqua-stele, con l’aspetto da stagno, brulica di girini.
Con il numero centoventinove in mente vago tra le tombe attraverso traiettorie labirintiche, movimenti ortogonali da Pac-Man riemersi dall’incoscio.
Poi d’un tratto, dietro l’angolo, un letto di fiori bianco: ecco così, una tarda mattina a fine aprile, la tomba di Coco Chanel (387 m). Famosissima stilista rivoluzionaria meno nota come Gabrielle, il suo vero nome, scolpito lì nel marmo bianco della lapide. Gabrielle Chanel (1883-1971), una sottile croce in mezzo, cinque teste di leone in cima. Nata a Saumur sotto il segno del leone, abbandonata a dodici anni dal padre nell’orfanotrofio dell’abbazia di Aubazine, gloria a Parigi, esilio a Losanna in fuga dalle accuse di collaborazionismo, ritorno a Parigi dove muore in una camera al quinto piano del Ritz. Ma soprattutto, la donna audace e anticonformista che ha scelto di essere sepolta qui, sotto una marea di margherite pompon, è l’inventrice di uno stile liberatorio, mascolino e al contempo superfemminile. Utilizzo dell’umile jersey, tweed per i tailleurs, tubino nero storico, ballerine bicolori beige-nere con il nero della punta che accorcia il piede e il beige che allunga la gamba, borsetta matelassé ispirata dai giubbotti dei garzoni equestri, un profumo epocale chiamato soltanto con un numero. Lo stesso dei leoni scolpiti, la cui criniera ricorda quella ridicola dei giudici inglesi. Sembrano quasi dei barboncini e di profilo, di colpo, con i denti digrignanti, mi fanno venire in mente dei teschi.
Seduto sulla panca di marmo posta a fianco delle margherite pompon che da vicino svelano altri fiori, in minoranza, vicino alla lapide: viole del pensiero bianche, rimaste lì da una fioritura precedente, più precoce. Da qualche parte avevo letto di cotoneaster horizontalis sulla tomba, forse però non garantivano una fioritura bianca tutto l’anno come da disposizione funeraria. Quattro Celtis australis attorno a una vasca rotonda centrale, in questo angolo zen del bellissimo cimitero, vigilano con rami scultorei ancora spogli.
Trovo il capogiardiniere Paolo a cui stringo la mano e mi conferma l’unicità e rarità di un viale di tigli così. Qui da trentaquattro anni, mi rivela che i girini sono quelli dei rospi, le rane sono rieuses, e ci sono anche i tritoni. «Nella vasca della sezione 4, ai bordi». E così ritorno sui miei passi, e vedo saltar dentro i tritoni. «La vera eleganza non può prescindere dal libero movimento»: chi ha detto questo non poteva scegliere cimitero migliore.