La Tine de Conflens

/ 20.08.2018
di Oliver Scharpf

«Visioni di Colorado» a un certo punto della Venoge che scorre piano e pigra qui a fianco, tra l’erba alta e i pioppi tristi, ed è celebrata nel poema La Venoge (1954) di Jean Villard (1895-1982) detto Gilles. Chansonnier vodese alla ribalta a Parigi negli anni trenta con il duo Gilles & Julien, è considerato l’autore della prima canzone francese di protesta: Dollar (1932). Non per niente Brel e Brassens parlarono di «maestro». Noto anche come autore di Les Trois Cloches (1939) – canzone resa celebre nel dopoguerra da Édith Piaf – debutta sulla scena come attore nella prima assoluta dell’Histoire du soldat di Stravinsky su libretto di Ramuz, la sera del ventotto settembre 1918 al teatro municipale di Losanna. Al théâtre du Vieux-Colombier di Parigi entra a far parte della compagnia di Copeau dove trova il suo pseudonimo, preso da un personaggio della commedia dell’arte tipo Pierrot. Chez Gilles è l’insegna del suo cabaret aperto nel 1949 al cinque dell’avenue de l’Opéra, mentre un Chez Gilles parallelo nasce in seguito anche a Losanna nel 1955 dove per otto anni (1940-48) furoreggiava un’altra sua creatura: Au Coup de Soleil, rue de la Paix numero tre. Chemin de Condémine si chiama questo cammino che affianca la Venoge fino all’ex usine Girardet. Fondata nel 1871 a La Sarraz – dove vi avevo portato un autunno di tre anni fa a scoprire il bizzarro cenotafio di un cavaliere – sfruttando in origine la forza motrice dell’acqua, produceva fino agli anni settanta, tra l’altro, anche le coperte dell’esercito svizzero. Ora in questi spazi c’è un’associazione culturale portoghese dove si gioca a biliardo, non mancano gambas a go go e la superbock scorre a fiumi. 

Alle spalle dell’ex fabbrica di coperte di lana, il sentiero entra nel bosco. Una ventina di minuti e poi si scende giù al fiume, dove davvero l’insolito luogo potrebbe ricondurre al canyon scavato dal Colorado in Arizona. Meno grandioso ma più confidenziale. «Le petit Colorado» è chiamato oggi, dagli intenditori della zona, questo posto noto nella toponomastica ufficiale come La Tine de Conflens (500 m). Confluiscono qui la Venoge che è quella possente cascatella là e il Veyron che arriva incassato lì nella gola a sinistra. Mentre il termine tine in patois vodese ha identico significato del tino e indica, per metonimia simile alle marmitte dei giganti, una gola fluviale a forma di pozzo. L’acqua è di una certa trasparenza dove filtra il sole, più cupa altrove. Curiosi scalini scenici, creati nella roccia, portano al pozzone a metà strada tra ninfeo fatato e antro oscuro. Per via di due grotte e la gola misteriosa da dove proviene il Veyron. I raggi tra gli alberi e l’ora del picnic per diversi camminatori venuti qui, fanno prevalere il lato lieto della gola erosa nel calcare chiaro che ricorda il Giura. Su un sasso, un trio di vecchietti vodesi brinda con del rosso e mangia festoso del formaggio. Uno nota il mio zaino dell’esercito svizzero del 1963 e scambiamo due chiacchiere; per un altro del trio, chiamato in causa, non è argomento di discussione. Credo gli ricordi, a differenza dell’amico loquace, un periodo non memorabile. Mai fatto un minuto di militare e ne vado fiero, come pure di questo insuperabile rucksack che metto all’ombra, sulla soglia della grotta.

Allenato al pozzone di Giumaglio, entro senza pensarci due volte. Gelida è dir poco, starci un minuto è un’impresa. Eppure una volta fuori, al sole, sul sasso, è una goduria. Rinvigorito, mi preparo al volo il pranzo tagliando in due il parigino con l’opinel e ficcandoci dentro jambon de la borne e un formaggio della regione. Una fame da lupi, improvvisa. Spumosa e biancastra la Venoge scende a cascata un primo pomeriggio a metà agosto dopo essere nata a L’Isle, una decina di chilometri da qui. Un barboncino bambo mi tiene compagnia per via del sandwich, non certo per simpatia come sostiene la sua padrona. Un ragazzo e due ragazze non male entrano intrepidi senza fare teatro, pure per loro è un bagno simbolico. Il ragazzo si avventura nella gola effetto orrido del Veyron, la cui sorgente è a Bière. Qui siamo al confine di tre comuni: La Sarraz, Ferreyres, Chevilly. In fondo al corridoio roccioso si scorge a malapena l’altra cascata, uno con il treppiedi in acqua scatta foto in quella direzione. Alzando lo sguardo, si notano delle cavità forse alloggi preistorici e delle liane verdastre stile Amazzonia. Sempre spaesante pensare che queste acque sfoceranno, prima o poi, nel Mediterraneo.

L’idrografia internazionale, tra l’altro, da queste parti, è inaspettatamente una tradizione che varrebbe due ulteriori reportage. Uno a proposito di uno specchio d’acqua davanti a un mulino a Pompaples pomposamente noto come «Le milieu du Monde», l’altro lì vicino, nel bosco. Pare ci siano ancora tracce del Canal d’Entreroches. Un progetto visionario fallito risalente al 1635, idea di un gentiluomo bretone di nome Elie Gouret (1586-1656) con tanto di ingegneri olandesi sul campo, per collegare il Mare del Nord al Mediterraneo. Per intanto, viaggio attraverso questo magnifico incontro di acque scoperto grazie a un chansonnier bonario ed eversivo.