L’amicizia è uno dei tesori più preziosi della nostra umile esistenza, soprattutto se gli amici sono fonte di ispirazione e con i loro consigli e le loro idee ampliano i nostri orizzonti. Da qui nasce la riflessione di oggi, da un consiglio di lettura che con piacere, cari lettori, vi rigiro, Cento anni dopo: 1917-2017 Da Lenin a Zuckerberg a firma di Rita di Leo, professoressa emerita di Relazioni Internazionali alla Sapienza di Roma. Una lettura che come una goccia sulla roccia risuona nella testa e modella i pensieri leggendo le ultime notizie e l’appello di un anziano signore. Ricorderete il caso Cambridge Analytica: ebbene è scattata la prima multa di 565mila euro per Facebook per omesso controllo sulla società di consulenza accusata di aver raccolto per scopi di propaganda politica i dati di 87 milioni di utenti di decine di Paesi del social network americano.
«Fiducia e sicurezza nell’integrità dei nostri processi democratici rischiano di essere sconvolte perché l’elettore medio non ha idea di cosa succeda dietro le quinte», ha dichiarato la commissaria dell’Ico Elizabeth Denham. Sempre dal Web, nel giorno del Prime Day, arriva un’altra notizia: Jeff Bezos è l’uomo più ricco del mondo. Mentre su un banale foglio A4 appeso al bancone della farmacia di un paesino di mare leggo l’accorato appello di Piero a tutta la comunità: «curiamo le nostre strade e i nostri spazi, riappropriamoci degli spazi pubblici, dei momenti di incontro e di condivisione anziché nasconderci in casa dietro gli schermi di smartphone e computer».
Vi chiederete cosa ha a che fare tutto questo con il libretto della di Leo, Zuckerberg e, soprattutto, con Lenin? Intanto, entrambi, sono dei rivoluzionari, vantano una sterminata massa di credenti al loro seguito e promettono il cambiamento. Nel caso dello statista del potere del lavoro e delle sue ideologie sappiamo come è andata. Sul finire del Novecento le sue statue sono state fatte a pezzi con l’accusa di non avere cambiato lo stato delle cose, ma con Zuckerberg e gli altri guru della Rete, come la mettiamo?
Oggi, secondo Rita di Leo, viviamo in un tempo nuovo sorto sulle macerie del Novecento, delle sue ideologie e delle sue guerre, un tempo che definisce anomico, senza regole, dominato da una nuova ideologia, la teologia della tecnica, in cui tutto è creato, definito e regolato dagli algoritmi. Un tempo in cui l’uomo non è più l’animale politico di Platone e Aristotele legato ad una vita comunitaria ma un animale asociale che si muove dentro la sua solitudine, non sa nulla del passato e si immedesima nel clima che si trova a vivere. Un tempo in cui non è permesso pensare come Aristotele o come Hobbes ma secondo il pensiero computazionale.
Per secoli, nel Novecento europeo, a fare da spartiacque sociale è stato l’analfabetismo di massa, motivo per cui venne introdotto l’obbligo scolastico. Nell’era della democrazia della Rete, invece, il coding si può imparare solo in un corso universitario nelle facoltà d’avanguardia, quelle frequentate dalle élite mentre all’individuo-massa sono riservati i risultati del pensiero computazionale centrati sul materialismo realizzato per rendere sempre più tecnologica l’esistenza quotidiana. In sostanza si ha sempre meno bisogno degli uomini come produttori e sempre di più di clienti che comprano su online o danno sfogo alla propria asocialità con i mezzi della Rete. «I commenti di ignoti contro ignoti che si leggono sui social forum dimostrano la sconfitta delle utopie, delle teorie politiche, delle pratiche di governo, degli esperimenti sociali».
L’ideologia del tempo nuovo, la teologia della tecnica, nella sua essenza è dunque simile alle altre ideologie che sostenevano il potere dei tempi precedenti. Un’ideologia che oggi appare invincibile nella sua concretezza, nella sua diffusione globale, nel suo essere senza obiettivi comuni se non quelli dei bisogni materiali comuni a tutti. Penso a Cartesio: Cogito ergo sum. Al diavolo Zuckerberg, la tecnica e i suoi algoritmi.