La storia non si ripete mai due volte

/ 26.02.2018
di Aldo Cazzullo

Un attore si cala nella parte del Duce, e i passanti lo salutano romanamente (il film si intitola Sono tornato, è il remake di un analogo film tedesco su Hitler, Mussolini è interpretato da Massimo Popolizio). Ovunque manifestazioni che inneggiano al fascismo. Un partito, CasaPound, che si rifà esplicitamente al ventennio. Un leader, Salvini, che con CasaPound è sfilato in corteo. Un militante fascistoide della Lega spara ai neri per strada; e la Lega sale nei sondaggi. Dall’altra parte, sedicenti antifascisti picchiano poliziotti e avversari politici, in un’inaccettabile escalation di violenza.

A oltre settant’anni dalla caduta del regime, in Italia si torna a parlare di fascismo. Solo il 40 per cento – secondo un sondaggio pubblicato da «Repubblica» – ha del Duce un’opinione negativa. Il 20 per cento lo adora. Gli altri non sanno, non rispondono, non sono interessati. Certo, i nostalgici sono pochi. Ma gli anti-antifascisti sono moltissimi; probabilmente la maggioranza. Tra loro, tanti sostengono che gli italiani siano stati tutti fascisti. Ma non è così.

Misurare il consenso a una dittatura è sempre molto difficile. È difficile distinguere tra accettazione passiva e dissenso silenzioso. Quel regime orrendo che fu il comunismo sovietico, ad esempio, non cadde certo a causa del dissenso, o delle manifestazioni popolari; si suicidò con la guerra in Afghanistan e il tentativo impossibile di autoriformarsi. Il franchismo morì con Franco; e anche Mussolini sarebbe morto nel suo letto, se non avesse condotto l’Italia al disastro della Seconda guerra mondiale. Questo non significa che gli italiani siano stati tutti fascisti. Certo molti lo furono (qualcuno lo è anche oggi). Molti altri videro nel fascismo un male minore rispetto al comunismo. Molti altri ancora si convinsero negli anni delle conquiste africane. Ma molti non erano per nulla fascisti. Certo, gli oppositori militanti furono relativamente pochi (per quanto i tribunali speciali macinassero migliaia di condanne al carcere e al confino, che non era una vacanza – come la definì Berlusconi – ma la morte civile). Furono infinitamente di più coloro che chinarono la testa, per paura, per quieto vivere, per mancanza di alternativa. Chi siamo noi per giudicarli oggi? Non c’erano libere elezioni, non c’erano altri partiti; c’era l’olio di ricino, il licenziamento, le manganellate, la persecuzione. Chi non ebbe il coraggio di scegliere questo destino va considerato di per sé un fascista? Non credo.

Il punto è che la Resistenza e in genere l’antifascismo sono considerati «cose di sinistra». Si dimentica che la Resistenza fu fatta da migliaia di partigiani che comunisti non erano. E in varie forme a opporsi ai nazifascisti furono civili, donne, ebrei, sacerdoti, suore, carabinieri, militari che combatterono accanto agli Alleati, internati in Germania che preferirono restare nei lager piuttosto che andare a Salò a combattere altri italiani. Di loro però si è quasi persa la memoria. Invece la Resistenza appartiene alla nazione, non a una fazione.

Oggi non c’è il pericolo di un ritorno del fascismo. La storia non si ripete mai due volte. Ma in questo tempo la democrazia rappresentativa è di nuovo in crisi – ovunque ma in Italia in modo particolare – , come negli Anni Venti. Disillusione, distanza crescente tra Palazzo e cittadini, scandali, astensionismo record (il prossimo 4 marzo andrà a votare meno del 70 per cento degli aventi diritto, forse addirittura meno del 60; nelle storiche elezioni del 1948 votò il 92 per cento degli italiani, praticamente tutti). E l’immigrazione fuori controllo risveglia pulsioni razziste che si sperava dimenticate. L’articolo 3 della Costituzione italiana, quello che definisce i cittadini uguali di fronte alla legge senza discriminazione di razza, lingua, religione, sesso, condizioni personali e sociali, rappresenta il capovolgimento del fascismo, che discriminò e perseguitò neri africani, arabi libici, italiani di religione ebraica, le minoranze linguistiche, gli oppositori, gli omosessuali, e sosteneva che le donne dovessero stare a casa. Gli italiani dovrebbero ricordarselo più spesso.