La volta scorsa ci eravamo lasciati con gli aspirapolvere intelligenti aspira informazioni. Ci siamo chiesti perché spesso accettiamo che altri raccolgano e trattino i nostri dati. David Lyon, professore di sociologia alla Queen’s University, tra i più autorevoli studiosi di sorveglianza al mondo, al riguardo ha la sua teoria e ne parla nel suo libro La cultura della sorveglianza. Come la società del controllo ci ha reso tutti controllori (Luiss Press). Secondo il professore, se oggi ci arrendiamo volontariamente alla sorveglianza e al controllo è perché il capitalismo della sorveglianza ha generato una cultura della sorveglianza. Nel 2013 Baumann parlò di sorveglianza liquida dicendo che questo concetto ben descrive il regime di invisibilità in cui viviamo connotato dal flusso di dati, da agenzie di sorveglianza mutevoli che targetizzano e selezionano ognuno di noi. Se eravamo abituati ad associare la parola sorveglianza ad ambiti militari o a regimi totalitari, oggi esiste una versione amabile che si diffonde in modi e vie inimmaginabili inserendosi perfettamente nella nostra modernità liquida. Non si palesa minacciosa, è invisibile, remota, si presenta sorridente come la schiuma del cappuccino.
La modernità liquida è quella in cui vanno forte la mobilità e il nomadismo (sempre che ce lo si possa permettere) per cui più una cosa è piccola, leggera, veloce, compatibile con i dispositivi mobili più sale nella scala di valore della logica economica del capitalismo della sorveglianza. Un capitalismo come dice Shoshana Zuboff, sociologa e docente alla Harvard Business School, che si nutre dei nostri dati. Noi con la nostra esperienza umana siamo la materia grezza alla quale le grandi aziende tecnologiche attingono per ricavare enormi quantità e varietà di dati da processare e trasformare in IA allo scopo di prevedere i nostri comportamenti. Prevederli ma anche modificarli perché siano più redditizi per loro. Alla stregua di miniere di diamanti siamo giacimenti di materia grezza da cui estrarre un enorme agglomerato di capitale umano da rielaborare secondo una logica del profitto orientata alla predizione e alla conformazione di comportamenti e abitudini. Non ci sorprende Lyon quando dice che l’era contemporanea è la prima nella storia dell’umanità in cui la sorveglianza è divenuta un tratto caratterizzante della società in cui viviamo.
Lo spiegano bene Gabriele Balbi, professore associato dell’IMEG e Philip Di Salvo ricercatore post-doc presso lo stesso istituto dell’USI, nella prefazione al libro di Lyon evidenziando le conseguenze di un controllo sociale che «aiuta il potere politico a conservare le proprie posizioni di privilegio ed è spinto da interessi di grandi aziende digitali». In altre parole «la sorveglianza è un prodotto della nostra società, di cui siamo consapevoli, che ci porta dei vantaggi economico-sociali e che, addirittura, abbiamo adottato a nostro stile di vita». Pensiamo solo a queste lunghe reclusioni pandemiche e al nostro esponenziale utilizzo di internet o di dispositivi come videocamere, microfoni, o le varie piattaforme per conferenze online e lezioni a distanza. Vale allora la pena riflettere su un’altra abitudine accentuata dalla pandemia e cioè quella del pagamento elettronico che ha riacceso il dibattito sulla necessità di una società senza contanti. Se da un lato questa scelta ridurrebbe l’evasione fiscale, dall’altro ci toglierebbe la libertà di scelta, tutti i nostri movimenti sarebbero tracciabili, aumenterebbe il controllo dei governi sulle nostre vite e aumenterebbero le diseguaglianze sociali. Cosa fa chi non ha un conto in banca, chi non ha Internet o chi non ha dimestichezza con le tecnologie digitali? La società senza contante rientra in quella logica del capitalismo della sorveglianza di massa che mira a schedare gusti, idee, abitudini dei cittadini. Dobbiamo stare attenti. Penso a Babbo Natale. Di certo non ha un conto bancario e non sarebbe affatto contento se Google Map rivelasse la posizione della sua casa e della stalla delle sue renne. Ancor meno se invece di consegnare i pacchi volteggiando nei cieli dovesse collegarsi online con tutti i bambini e affidare la spedizione ai droni. Cosa direbbero i bimbi?
Lo so, quest’anno è difficile per tutti preservare la magia del Natale e avere fiducia nel domani. Non possiamo che provarci continuando a lottare per ciò in cui crediamo. Nel mio caso la cultura e l’informazione di qualità. Buon Natale.