La sorprendente forza del garofanino

/ 12.09.2022
di Ovidio Biffi

Mi sorprendono i fiori che abbiamo in sala: sono bellissimi. Subito dopo li indico a mia moglie dicendole: «I fiori che hai comperato, forse per la luce che entra in sala, mi hanno colpito». Lei mi guarda e annuisce, aggiungendo: «E pensare che mi rincresceva che non ci fossero rose». Poco dopo arriva la signora che aiuta a tenere la casa in ordine e nota anche lei il vaso: «Ma che belli» e con il telefonino scatta alcune foto che chissà fin dove porteranno quella zaffata di colore e luce. La sera, pensando al tema per questo mio contributo su «Azione», passo in rassegna tanti soggetti, da Putin che sta usando la guerra per lacerare le pacifiche convivenze di milioni di persone, sino al clima, che in Pakistan ha scatenato le forze di una natura arrabbiata sconquassando montagne e città. A un certo punto ricordo la chiazza di colore in sala e ripensando alle sorprese del mattino raccontate sopra decido di provare a parlare di quei fiori, capaci con la loro umilissima bellezza di meravigliare coloro che finalmente li notavano.

Non l’ho ancora precisato: era un mazzo di garofanini rossi. Non garofani, garofanini. Di un colore uniforme, ma la fioritura rallentata (sono durati oltre dieci giorni impeccabili, anche se un po’ chiusi all’inizio) aveva sfumato su alcune corolle le tonalità del rosso. Pensando di reperire qualche idea o notizia utile a completare la rubrica, e non avendo libri e neppure moderne app (oggi si inquadrano fiori o piante e zac: il cellulare ti dice che pianta è e come curarla!) che facilitassero il compito, per cercare il genere botanico dei fiori del nostro mazzo ho convocato il solito motore di ricerca. Ovviamente mi sono trovato subito sommerso dalle millanta notizie e immagini che Google elenca. Alla fine, pur con qualche dubbio, ho optato per «garofanini del poeta». Sono quelli che maggiormente si avvicinano ai nostri; inoltre sono garofanini che in una delle tante illustrazioni erano ritratti in diverse colorazioni e con delle chiazze azzurre, evocando somiglianza con i gelsomini azzurri che sono il mio fiore preferito. Inevitabile un’estensione della ricerca: perché sono denominati «garofanini del poeta»? Qui in aiuto è arrivato dapprima il sito di una testata giornalistica online. Dopo l’avvertenza che sull’origine di quel nome le ipotesi sono tante, mi dice che per la varietà dei poeti la versione più plausibile è il riferimento al nome botanico del garofano «dianthus» e al qualificativo «barbatus» che in greco (non chiedetemi come) significano «fiore di Giove».

Anche altri siti percorrono la simbologia dei garofani nella mitologia e arrivano a sostenere che era fiore sacro a Diana (testi greci narrano che un giovane pastore si innamorò follemente della dea che però, avendo fatto voto di verginità, dopo avergli dato delle false speranze d’amore, lo abbandonò. Il giovane morì per la disperazione e dalle lacrime versate per il suo amore nacquero i garofani bianchi). Altri siti web e altre divagazioni sul significato del «fiore di Dio»: dopo avere specificato che già nell’antichità questo fiore veniva associato al simbolo della poesia, un botanico esperto, liquidando senza scrupoli storici Zeus e Diana, arriva a sentenziare che il garofano sarebbe apparso per la prima volta sulla Terra dalle lacrime versate da Maria per la sofferenza del figlio Gesù prima di morire. Unico sostegno del suo riferimento? Cita la «Madonna del garofano», celebre dipinto del 1470 di Leonardo Da Vinci, ritratta qualche anno dopo, con colori assai sfumati, anche da Bernardino Luini. Roba poetica, ma non basta a sciogliere il mio enigma: la Madonna, Zeus e Diana non erano certo dei poeti. A questo punto, dopo tanti e poco credibili riferimenti ai simboli di un fiore umile come il garofano (volutamente ho ignorato i richiami politici…), mi convinco che forse c’è spazio per una versione personale del perché i miei sono verosimilmente «garofanini del poeta»: non è forse poesia quella che i garofanini distribuiscono, oltre che nelle nostre case, anche crescendo selvatici lungo i sentieri più alti delle nostre montagne?