Mi scuso in anticipo, forse questa è una mia mania, ma mi fanno pena gli oggetti trattati male, ad esempio una vite stretta troppo. C’è gente che prende la chiave inglese e se ha una vite a portata di mano, la vite di un letto di ferro, la vite di un gancio nel muro, la vite dello scarico sotto al lavandino, la stringe con tutta la forza e la vite stride, ma non contento la stringe ancora, sopra il suo limite, ed è una pena pensare all’attrito spasmodico e allo sforzo della filettatura contro l’altra filettatura, questa tensione è una specie di sofferenza, che dura giorni, forse anni, con il metallo sempre prossimo a collassare e spannarsi, se non ci fosse in questa povera vite un’umiltà, uno spirito tale di sacrificio che la fa ubbidire e resistere al costante dolore che la chiave inglese nella sua cieca forza le ha imposto. Vorrei liberare tutte le viti, allentarle un poco, poverette, in modo che convivano col loro dado in un’amichevole stretta, di cui casomai siano entrambe orgogliose.
E poi a volte sento in un appartamento vicino una sveglia elettrica che suona e nessuno la spegne. E continua a chiamare coi suoi bit-bit, bit-bit; lei non sa che sono tutti usciti, non ha occhi né orecchie, però le hanno detto chiamami all’ora tale, cioè l’hanno regolata su un’ora, e lei ha aspettato, aspettato, tutta contenta, avrà avuto la sua soddisfazione per essere stata considerata e capace, mentre una sedia o una spazzola nessuno ci farebbe affidamento se dovesse essere svegliato, invece la sveglia ha aspettato col suo ticchettio professionale, e quando era quasi l’ora si è tutta tesa, dicendosi aspetta, aspetta, senza tradire né impazienza né emozione, e quando è stata l’ora, esatta, al secondo, ha mandato il segnale, e l’ha ripetuto, e poi ripetuto, perché uno può impiegare del tempo a svegliarsi e rendersi conto, allora ha continuato a ripeterlo, bit-bit, bit-bit, fiduciosa, senza eroismo, perché se avesse parlato avrebbe detto: è il mio dovere. Ma evidentemente non c’era nessuno, e avevano dimenticato di disattivarla, ma lei niente! con fedeltà cieca continuava a dare l’allarme che l’ora era passata, e il bit-bit dopo un po’ si è fatto sempre più disperato, come un grido nel vuoto, avrei voluto accorrere, calmarla, dirle sta buona, ti ho sentito, ho impiegato un po’ ma ti ho sentito, grazie, e poi spegnerla, che per lei significa: missione compiuta, spero di aver soddisfatto; invece con la sua voce regolare e discreta chiamava invano qualcuno. Fosse stata una vecchia sveglia a molla, clamorosa, quelle sveglie che fanno un gran frastuono e si scaricano subito, non mi avrebbe fatto nessun effetto, quelle sono sveglie autoreferenziali, si compiacciono del loro sconquasso sonoro e poi smettono, abbiano o non abbiano svegliato qualcuno; sono come sentinelle, che fanno il grido, anche prolungato, e poi basta, per loro è chiusa. Invece la sveglietta elettrica è andata avanti, non si rassegnava, e io una pena! una pena! non poterle dare soccorso, in questi casi vorrei piangere per lei, per la sua solitudine, in un mondo che non l’ascolta, perché è concepita anche per non disturbare troppo, e magari lei crede di non avere abbastanza voce, si sforza, ma non può di più, e a un certo punto è così disperata che tace; e so che dodici ore dopo, se i suoi padroni sono andati in ferie, torna a provare, e così due volte al giorno chiama: «dove siete? dove siete?», niente, saranno tutti morti, però spera sempre, non si rassegna, è un appuntamento con la disperazione.
Ugualmente se resta la porta del frigo appena un po’ aperta e il frigo non se ne accorge e lavora per fare freddo, ma niente! non sa più cosa fare, se non ubbidire, ma è tutto invano, lavora senza riposo, e se nessuno chiude lo sportello perché in casa non c’è nessuna considerazione per i poveri elettrodomestici, il frigo invece che freddo produce acqua di condensa che cola e il termostato interno lo avverte che la temperatura non cala e lui s’affatica, non si risparmia, la pompa gira, si surriscalda, è inutile! è inutile! griderebbe disperato se potesse parlare.
Questi oggetti un principio di vita ce l’hanno, sono al nostro servizio, dovremmo istituire una lega per la protezione degli oggetti fabbricati, dei meccanismi e dei motori maltrattati e abbandonati a sé stessi.