Joe Biden sta compensando la distanza che lo separa da Donald Trump, almeno dal punto di vista della campagna elettorale digitale, che era già importante prima della pandemia, ora ancora di più. Compensare forse è eccessivo: diciamo che l’ex vicepresidente si è messo a correre e che dalla cantina di casa sua riadattata a ufficio è diventato molto attivo. Trump ha una macchina elettorale avviata da quattro anni e grande dimestichezza con il linguaggio sui social, oltre che un’enorme potenza di investimento.Questo scarto è difficile da colmare, ma Biden ha messo insieme molti esperti prendendoli dalle campagne elettorali sospese dei suoi ex avversari.
I nomi più noti vengono dal team di Elizabeth Warren e di Kamala Harris, due delle candidate per il ticket più in vista. Una prova di equilibrismo per non scoprire le carte? Difficile dirsi: Biden va di fretta, le pressioni interne sono alte e molti lo hanno criticato perché era molto in ritardo nella creazione di un team in sincronia con il suo progetto politico che è quello di unire il Partito democratico americano (dilaniato al suo interno come buona parte delle sinistre occidentali) e battere Trump. Per questo ora le persone attorno a lui stanno arrivando da direzioni molto diverse e più ampie rispetto a prima: c’è anche Alexandra Ocasio-Cortez, insospettabile adepta fino a pochissimo tempo fa. La deputata democratica del Bronx è uno dei volti più conosciuti del partito, ha fatto campagna assieme allo sconfitto Bernie Sanders, ha detto che i «moderati» come Biden non dovrebbero nemmeno starci, nel Partito democratico, sono dei repubblicani semmai, e di recente è stata l’unica a non votare un pacchetto di stimoli bipartisan al Congresso per contrastare l’impatto economico della pandemia (lo considerava troppo debole: il Bronx è tra le zone più colpite di tutta l’America).
In questi giorni, Biden ha annunciato che Ocasio-Cortez co-presiederà il comitato che si occuperà di clima nella campagna elettorale: assieme a lei ci sarà John Kerry, ex segretario di Stato dell’era obamiana. «Costruiremo un partito molto unito», ha detto Biden, sostenendo che questi comitati (in tutto sei) sono il frutto del lavoro con lo stesso Sanders: la sintesi si fa insieme.Sul tema dell’unità interna c’è anche la scelta del vicepresidente che accompagnerà la campagna di Biden.La decisione finale è prevista per luglio: pare che il team dell’ex vicepresidente voglia aspettare il più possibile per non concedere troppo tempo agli attacchi che arriveranno dai trumpiani. O forse c’è solo una grande incertezza. Secondo i sondaggi, la più popolare è la Warren: una rilevazione della Cnn dice che addirittura 7 democratici su 10 vorrebbero la senatrice del Massachusetts in ticket con Biden, la rappresentazione perfetta del desiderio di unità del partito (la Warren è un po’ come Sanders, ben più radicale di Biden).
Al secondo posto nelle preferenze c’è la Harris, con cui non si compie forse la riunificazione perfetta della famiglia democratica ma si compie un passo in avanti in termini umani: la complicità tra l’ex procuratrice della California e Biden è evidente, c’è una consuetudine tra i due che va oltre il calcolo politico, oltre il progetto politico contingente, e in questo sta la sua forza irreplicabile con le altre candidate.Al terzo e quarto posto nelle classifiche di popolarità ci sono Stacey Abrams, ex deputata della Georgia, che piace molto a chi vorrebbe consolidare la base afroamericana del partito, e Amy Klobuchar, pragmatica governatrice del Minnesota che ha conquistato un po’ di pubblico e un po’ di elogi quando era candidata alle primarie. Tutti gli altri nomi che circolano non superano il 3-4 per cento del consenso, ma non è escluso che Biden scelga un nome non noto, da valorizzare, a conferma della sua reputazione da talent scout.Poi ovviamente, oltre gli equilibri interni dei democratici, di là c’è Trump.
Che sta costruendo la sua campagna contro Biden definendolo «il candidato preferito dalla Cina». In questo modo il presidente riesce a unire due spettri, quello del regime di Pechino e delle sue menzogne sul Coronavirus e quello delle manipolazioni dei democratici e dei «loro» media. Per Trump è il modo migliore per dare le colpe della sua inettitudine nel gestire la pandemia a qualcun altro, anzi ai nemici più grandi. Per questo Biden insiste sull’inettitudine: l’ultimo video elettorale mostra le date della pandemia e le parole di Trump, su uno sfondo grigio che riassume bene la paura di chi guarda, e gli errori del presidente.