La rimonta di Trump

/ 14.09.2020
di Aldo Cazzullo

La notizia di questi giorni è la rimonta di Donald Trump. Joe Biden resta in vantaggio nei sondaggi; ma è un vantaggio meno netto di quello che aveva, nello stesso periodo del 2016, la povera Hillary Clinton. Che cosa può essere accaduto? Che cosa ha spinto verso l’alto un presidente che resta largamente impopolare?

Le convention al tempo dei Covid – più asciutte ed essenziali, meno spettacolari ed emotivamente coinvolgenti – hanno all’evidenza giovato più ai messaggi secchi al limite della rozzezza di Trump, che non al discorso più morbido, ampio, avvolgente di Biden. Il candidato democratico non ha messo in campo una piattaforma radicalmente diversa da quella del suo avversario: contro la depressione post-Covid, del resto, non c’è da fare molto di diverso da quello che stanno già facendo la Casa Bianca e la Federal Reserve, gettando sul piatto quantità di denaro mai viste neppure durante la crisi finanziaria del 2008. Biden ha offerto se stesso come pacificatore. Trump – è l’essenza del suo messaggio – non ha solo diviso l’America; l’ha polarizzata. Ha trascinato il sentimento popolare verso le ali estreme: o con lui o contro di lui. Biden tenta di rivolgersi all’America di mezzo, spaventata dalla radicalizzazione del confronto pubblico e dalle violenze dei manifestanti: sia le frange più dure del movimento nero di protesta contro gli omicidi della polizia, sia i suprematisti bianchi e gli altri «miliziani» scesi in campo in queste settimane con armi automatiche e colpo in canna.

Ma ecco il punto: Trump appare più adatto di Biden a tranquillizzare l’America bianca, moderata, impaurita. Dopo aver soffiato sul fuoco delle divisioni etniche, il presidente si pone come garante della legge e dell’ordine. E una parte dell’elettorato torna ad ascoltarlo.

Trump ha adottato la stessa attitudine anche in politica estera. Nei colloqui con il mitico Bob Woodward (il giornalista del Watergate) per il libro Rage, il presidente ha rivelato l’esistenza di un nuovo sistema nucleare del quale nessuno ha mai sentito parlare: «Ho costruito un sistema nucleare... un’arma che nessuno ha mai avuto prima in questo Paese. Abbiamo qualcosa che non si è mai visto e sentito. Abbiamo qualcosa di cui Putin e Xi non hanno mai saputo. Non c’è nessuno... quello che abbiamo è incredibile» ha detto Trump, scatenando la ricerca a questa nuova arma misteriosa. Vanterie? Millanterie? È possibile. Ma già in passato il presidente ha usato allusioni e messaggi in codice: ad esempio postando le foto che documentavano il fallimento di un test nucleare iraniano, senza smentire le voci che collegavano il flop al boicottaggio elettronico degli Stati Uniti. Va aggiunto però che i rapporti tra la Casa Bianca e i militari sono ai minimi termini: troppi generali licenziati, troppe pressioni sull’esercito perché intervenisse nella repressione delle rivolte e quindi di fatto nella guerra civile strisciante tra le opposte fazioni, da cui i militari vogliono tenersi ben lontani.

Anche la linea in politica estera dell’amministrazione Trump resta da definire. Ritiro dall’Afghanistan, sostanziale disimpegno dalla Siria e dalla Libia, pace tra Israele ed Emirati arabi, situazione sotto controllo in Corea del Nord: il bilancio di Trump si può senz’altro discutere, l’avanzata in Medio Oriente di Russia e Turchia preoccupa, la freddezza dei rapporti con gli alleati europei non fa bene a nessuno; ma i temuti disastri onestamente non si sono visti. Anche se non si è ancora capito come siano davvero i rapporti con Putin, che Trump attacca ma dando sempre l’impressione di strizzargli l’occhio. Mentre l’abbandono dei curdi resterà come una macchia indelebile nella storia di questi quattro anni.

Preoccupa di più, però, il fronte interno, con una disoccupazione drammatica. Un’economia estremamente liberalizzata come quella americana crolla con la stessa facilità con cui di solito cresce. L’insoddisfazione per il modo in cui Trump ha gestito la pandemia resta alta. Lui stesso ha confessato a Woodward che conosceva già a gennaio le dimensioni del disastro, ma non ha detto nulla per non gettare gli americani nel panico. Il problema è che non si è limitato a non dire; non ha neanche fatto nulla, se non lanciare messaggi contraddittori e piegarsi all’uso della mascherina solo quando era troppo tardi.

Fare oggi un pronostico sull’esito delle presidenziali è molto difficile. Le congiunzioni astrali non si ripetono mai due volte; e l’8 novembre 2016 si verificò una vera congiunzione astrale, con Trump che prendeva oltre tre milioni di voti meno di Hillary ma vinceva per poche migliaia di schede tutti ma proprio tutti gli Stati in bilico. Questo si può dire oggi con certezza: Trump è competitivo. Con buona pace di coloro che continuano a considerarlo un personaggio improbabile.