Tanto per cambiare, mi sono messo nei guai da solo. Una premessa: non sono credente ma accompagno mia moglie a Messa tutte le domeniche per non lasciarla andare sola e per ascoltare le letture e il commento del Vangelo. Al momento della comunione resto seduto nel banco e non mi accosto all’eucarestia. Sono trascorsi tanti anni da quando andavo a scuola ma ricordo ancora una nota dell’Inferno di Dante curato da Natalino Sapegno. Citava Benvenuto, uno dei primi commentatori della Divina Commedia che, nel suo comprensibile latino medievale, definiva Farinata degli Uberti: «Imitator Epicuri, non credebat esse alium mundum nisi istum; unde omnibus modis studebat excellere in ista vita brevi, quia non sperabat aliam meliorem».
Senza possedere un grammo del coraggio di Farinata, mi sono ritrovato in questa definizione. L’altra domenica, al termine della Messa, mi si è avvicinato don Luca, il giovane vice parroco, sacerdote da dieci anni e direttore spirituale degli studenti universitari ospiti di una residenza prossima alla nostra chiesa. Mi ha chiesto di andare una sera a conversare con i suoi giovani assistiti. Tema: i dilemmi etici che deve affrontare un seguace del Vangelo nell’ambiente lavorativo. Potevo sciorinare lì in chiesa la definizione latina di Farinata? Ho accettato e da quel momento sono costretto a ripensare in questa chiave la mia esperienza lavorativa, svolta quasi interamente in Rai. Aperto un cassetto della scrivania, ho iniziato a pescare tra i tanti foglietti di appunti presi durante le mie disordinate letture e buttati lì pensando che prima o poi possano tornarmi utili.
Il primo riguarda il duca Vittorio Amedeo II di Savoia che ebbe il merito di portare a Torino da Messina l’abate architetto Filippo Juvarra, geniale artefice della città barocca. Un suo ministro disse di lui: «La condizione essenziale con questo principe è di sembrargli inferiori». Una regola sempre valida, già illustrata poco prima, nel 1641, dall’aureo trattato La dissimulazione onesta di Torquato Accetto. Tanto più in una azienda come la Rai nella quale i direttori sono sovente designati dai partiti, in base alla fedeltà e non alle competenze. Inoltre in Italia prospera il capitalismo famigliare, dove al vertice delle imprese si trovano collocati senza merito i figli e i nipoti dei geniali fondatori. I neo assunti, colti e preparati, dovranno stare attenti a non fare ombra ai superiori. Persino nel colloquio di assunzione non bisogna dimostrarsi troppo preparati, se chi esamina i candidati è poi quello che sarà il loro capo.
Primo dilemma: il consiglio di dissimulare la propria competenza per sopravvivere in un’organizzazione complessa è coerente con gli insegnamenti del Vangelo? Forse sì, ma siamo solo all’inizio. I nostri giovani ricchi di talento e di competenze sono stati assunti, hanno fatto carriera e ora hanno dei sottoposti. Ecco un altro foglietto di appunti, presi dalla recensione di un libro che mi propongo di comprare e leggere. Scritto dal filosofo canadese Alain Deneault, ha come titolo La mediocrazia, ovvero il governo dei mediocri, nel quale l’imperativo principe è «stare al gioco», in altre parole, rispettare le regole non scritte di quella che l’autore definisce la «Corporate Religion», la religione d’impresa, più forte di ogni altra. Faccio esempi relativi alla mia esperienza lavorativa. Si deve organizzare un nuovo programma televisivo, un talk show imperniato sugli ospiti; bisogna allestire una redazione composta di giovani collaboratori da assumere a tempo determinato. Si presentano in molti e una signorina vince la selezione per un’unica ragione, appartiene a una famiglia ben inserita nella società, con una fitta rete di frequentazioni, così potremo chiederle di invitare ospiti del suo giro.
Altro caso: per uno sceneggiato si devono scegliere gli attori. Se fra i personaggi ci sono anche dei minori, si dovrà trovare un ruolo per un’attrice trentenne, a discapito di altre più brave di lei. La ragione? Per scritturare un minore le pratiche sono lunghe e onerose, ma il marito dell’attrice prescelta, per il ruolo che svolge negli uffici che rilasciano i permessi, è in grado di facilitarle. Ancora un caso. Sono il produttore esecutivo di uno sceneggiato, Accadde ad Ankara, ambientato in quella città durante la seconda guerra mondiale. Per gli esterni costa troppo andare in Turchia, in Liguria i quartieri della Bordighera alta si prestano magnificamente alla bisogna, basterà mettere qualche cartello in turco. Un delegato della troupe va a trattare con l’albergatore: «Se veniamo in trenta e stiamo qui una settimana quale sconto ci fa?». «Il 20%». «Bene, ma lo sconto deve farlo a noi, non alla Rai. Le fatture devono essere a prezzo pieno». Cosa faccio? Mi dissocio e vado a stare in un altro albergo? Per riuscire a rispettare il piano di produzione mi conviene essere connivente con la troupe. Per questa volta vince la religione d’impresa, il Vangelo lo ascolteremo domenica prossima in chiesa.