Le differenze nelle remunerazioni dei lavoratori è un tema sempre di attualità nella nostra politica a livello nazionale. Qualche anno fa abbiamo votato sull’iniziativa che intendeva limitare la differenza tra il salario massimo e il salario minimo. Oggi si discute invece molto sulle misure collaterali che si renderebbero necessarie per evitare il fenomeno del dumping salariale nel caso di un futuro accordo globale con l’Unione Europea. Questi aspetti quantitativi sono certamente importanti anche perché incidono sulla distribuzione del reddito tra le classi più ricche e quelle meno fortunate della popolazione. Come dimostra una ricerca condotta di recente all’università di Zurigo le differenze salariali sembrano però avere un impatto significativo anche su aspetti maggiormente qualitativi delle remunerazioni, per esempio sul giudizio che la gente esprime intorno alla maggiore o minore moralità di certe professioni. I risultati di questo studio mostrano che esiste una correlazione positiva tra il salario orario che viene pagato per una certa professione e il grado di immoralità della stessa come viene percepito dalle persone che hanno partecipato all’inchiesta.
Ai partecipanti all’inchiesta si è chiesto di classificare una serie di rami di produzione della nostra economia secondo il livello di moralità: dai meno immorali ai più immorali. In un secondo tempo, i ricercatori hanno confrontato la classifica dell’immoralità con quella che si poteva ottenere considerando il salario orario lordo pagato in ognuno di questi rami, constatando che tra le due grandezze, ossia grado di immoralità e salario orario, correva una correlazione positiva. Per spiegarci meglio: meno onesta viene ritenuta la professione e più il salario pagato è elevato. Un esempio basterà per spiegare in che senso corra questa relazione. Il salario orario lordo pagato nel ramo degli alberghi e ristoranti è tra i più bassi tra quelli dei rami ritenuti nell’inchiesta. Parallelamente anche il grado di immoralità delle attività svolte in questo ramo, così come è stato rilevato sempre nella medesima inchiesta, è pure tra i più bassi. All’altro estremo del ventaglio di rami ritenuti troviamo quello della fabbricazione di armi che paga un salario orario molto elevato e viene considerato come uno dei rami più immorali.
I ricercatori zurighesi hanno poi saputo confermare questa correlazione con i risultati di due esperimenti di laboratorio. Il primo ha confermato che il lavoro disonesto porta a remunerazioni più elevate. Questo perché normalmente le persone si rifiutano di agire in modo immorale. Per persuaderle ad andare in questa direzione le aziende devono quindi offrire loro un salario più elevato. In un’altra situazione di laboratorio i partecipanti sono stati suddivisi in persone con un comportamento tendenzialmente morale e persone con un comportamento tendenzialmente immorale. Questo esperimento ha dimostrato che le persone tendenzialmente immorali sono più di frequente pronte ad accettare impieghi in rami che vengono considerati come immorali.
Per quanto interessanti possano parere questi risultati è giusto richiamare che la classifica dei rami di produzione secondo il grado di immoralità è stata stabilita non tanto in base a dati di fatto accertati e inconfutabili ma in base ai giudizi soggettivi delle persone che hanno partecipato agli esperimenti. Tuttavia dalla ricerca risulta chiaramente che la percezione dei singoli quanto alla moralità di un’attività economica è importante. Se il pubblico reputa l’attività poco onesta, è così probabile che la stessa attirerà maggiormente persone che sono disposte ad agire immoralmente. Gli autori di questa inchiesta raccomandano quindi che nei rami che possono creare grandi danni siano impiegate non il Gatto e la Volpe, ma persone alle quali la moralità stia particolarmente a cuore.