La terminologia medica ha colonizzato il linguaggio giornalistico, e non soltanto in Italia, paese in perenne campagna elettorale. A soffrirne è il «cuore» della politica, che non funziona come dovrebbe. Di qui continue «fibrillazioni», «tachicardie», «aritmie», e poi le inevitabili «tensioni», che – come noto – alla lunga intaccano, danneggiandolo, il sistema cardiovascolare.
Da qualche tempo le citate «fibrillazioni» hanno valicato il confine per incistarsi nel dibattito locale: si veda in proposito la discussione in corso nel sito naufraghi.ch, dove si discorre sulle possibili alleanze tra la vecchia e la nuova sinistra, tra il Partito socialista (Ps) e il Movimento per il socialismo (Mps). Una relazione fin qui spigolosa, e che tale rimarrà anche in futuro, giacché il Ps non potrà mai assumere il ruolo di forza di opposizione nelle forme ruvidamente sollecitate dal Mps. E questo per un motivo molto semplice: il Ps porta con sé una secolare cultura di governo. Le proposte di fuoriuscire per volontà propria dagli esecutivi, cantonali o federali che siano, non sono mai andate in porto. Anzi, il Ps ha sempre combattuto per rimanervi, giudicando nefasta, per sé ma soprattutto per il paese, l’eventuale perdita del seggio. Detto altrimenti: nella nostra configurazione istituzionale, fondata sulla logica del consociativismo (presente e operante non solo nel campo politico), si ottiene di più stando dentro che fuori: più conoscenze, più co-decisioni, più poteri di influenza e di interdizione. È questa la vocazione dei socialisti ticinesi fin dal 1922. Le formazioni concorrenti sono condannate al ruolo di comprimarie: due-tre deputati al massimo nel legislativo. Per cui il copione si ripeterà anche nell’aprile del 2023: una capillare mobilitazione per confermare il posto in Consiglio di stato. Con tutta probabilità sarà una donna ad occuparlo. Chi in particolare è tutto da vedere, il carosello è appena ai primi giri.
Che la sinistra rischi la crisi cardiaca non è una novità. Ma come stanno gli altri partiti? Sono in salute e rubizzi? Il Ppd ha appena cambiato nome. Ora si autodefinisce Il Centro, allineandosi agli amici della Svizzera tedesca (Die Mitte) e della Romandia (Le Centre). Ma più che a un’identità, il Centro rimanda ad una collocazione geometrica nell’arena della contesa politica: no agli estremi, ma un’equidistanza d’impronta moderata dalla destra e dalla sinistra. Fatto sta che nella nuova definizione non è andato perduto soltanto il partito, ma la democrazia e il popolarismo, elementi portanti della tradizione democristiana. Ciò che resta è una versione spuria e depurata di ogni riferimento al «fattore C», ossia al cristianesimo. Funzionerà?
Anche i liberali-radicali, compagine storicamente bicefala, devono trovare il modo di arginare le ambizioni della loro ala liberista; devono, in particolare, fare in modo che la loro ideologia classica, il liberalismo, non scivoli nelle braccia dei due concorrenti che li tallonano sul fianco destro, ovvero la Lega dei ticinesi e l’Udc. Il Plrt si è sempre definito un partito interclassista, il che ha significato rivolgersi non soltanto alla «borghesia», ma anche ad ampie fasce di ceto medio, ovvero impiegati, funzionari e insegnanti. Anch’esso si vuole centrista, come l’ex Ppd, ma con ambizioni governative ben maggiori, quasi egemoniche. Un’ambizione tarpata nel 2011 (Consiglio di stato) e nel 2013 (Municipio di Lugano) per opera della Lega.
Nomi, strategie, programmi… ma con numerosi convitati di pietra. Non sappiamo infatti in quali condizioni verseranno Cantone e Confederazione alla fine dell’autunno-inverno alle porte. Le condizioni materiali (aumento del costo della vita, penuria di energia, famiglie in difficoltà) e spirituali (sfiducia nelle istituzioni per inadempienze e neghittosità amministrative) saranno determinanti. Nelle vicende europee novecentesche, guerre e recessioni economiche hanno sempre condizionato il voto, favorendo l’ascesa al potere di autocrati e dittatori. Questo avvenne dopo la prima guerra mondiale e il crack del 1929 nell’Europa stremata dall’inflazione, inacidita da risentimenti e percorsa da forze anti-democratiche di ogni colore. Facile prevedere che l’esito delle prossime elezioni (cantonali e federali) dipenderà largamente dall’atmosfera al cardiopalma che ci attende nei prossimi mesi.
La politica nel reparto cardiologia
/ 29.08.2022
di Orazio Martinetti
di Orazio Martinetti