La pista di bob St. Moritz-Celerina

/ 19.02.2018
di Oliver Scharpf

Dracula club: così si chiama il leggendario ritrovo notturno nato nel 1974 accanto alla partenza della pista olimpica di bob. Idea di Gunter Sachs (1932-2011): dinastia Opel, playboy, campione europeo juniores di bob a due, terzo marito di Brigitte Bardot, a tempo perso fotografo e studioso di statistica astrologica, presidente – dal 1969 alla morte – del Saint Moritz Bobsleigh club. Primo club di bob al mondo risalente al 1897 la cui sede è proprio attaccata al Dracula club, dal quale si deve per forza passare via per arrivare alla partenza della storica pista tra St. Moritz (1861 m) e Celerina (1732 m). Nata nel 1904 su spinta di alcuni bobbisti inglesi, in mezzo a un bosco di pini cembri, è la più antica e prestigiosa del mondo. I mondiali non si contano, due le olimpiadi. E l’unica rimasta a essere realizzata con neve ghiacciata naturalmente.

La tocco passandoci su il palmo della mano. C’è parecchia gente alla partenza. Dopo mezzogiorno, per duecentocinquanta franchi, chiunque può avere la sua dose di adrenalina pura. Il posto, come all’epoca, è parte del parco del Kulm Hotel, dove Johannes Badrutt (1819-1889) scommettendo con quattro ospiti inglesi, nel 1864 inventa, come amano raccontare qui, le vacanze invernali. Introduce poi in alta Engadina il curling scozzese, gli scomparsi camerieri sui pattini, ma soprattutto si appassiona alla creazione della Cresta run (1885). Pista altrettanto storica per spericolati toboganisti a pancia in giù, dieci minuti neanche da qui, dall’altra parte della strada. E che meriterebbe di certo un pezzo a parte, al pari del Sunny bar dentro il Kulm dove ancora oggi si ritrovano, al bancone intarsiato, gli impavidi adepti del St. Moritz Tobogganing club (1887).

Una voce chiama i nomi degli «ospiti». È pronto un bob a quattro rosso fiammante della Omega. Due alla volta, si accovacciano in mezzo, tra i due bobbisti esperti. Una leggera spinta e via. Nella scelta odierna del punto di vista non esito un attimo, nessun colpo di testa all’ultimo minuto. Ci vuole la giusta distanza, un coinvolgimento eccessivo offuscherebbe lo sguardo, del resto in settantacinque secondi fai in tempo solo a dire uau o amen. Dal bar del bob esce un gruppo ringalluzzito dalle birrette. Tutti, come minimo, si fanno coraggio con il Cüpli compreso nel prezzo. È la Gunter Sachs Lodge come si legge intagliato in caratteri gotici; un regalo autocelebrativo del 1977. Caschi neri in testa, stretti come sardine, testa giù: altri due partono. La spinta non è quella assatanata vista alla tele, qualcuno dei presenti però scimmiotta gli incoraggiamenti del pubblico da gara vera.

M’incammino così a metà febbraio lungo il sentiero di neve che si snoda a fianco del glorioso percorso e in certi punti, s’intreccia. Piano piano perché si scivola. Che meraviglia i vecchi cembri odorosi. Abbondantemente sotto zero, il sole fa capolino ogni tanto. Dagli altoparlanti invisibili si sente lo speaker complimentarsi con quelli appena arrivati al traguardo. Musichetta, pubblicità. «La pista è libera» dice ora. E poco dopo ecco, in corrispondenza del tratto chiamato Snake corner, l’inconfondibile suono del bob che scivola nel canalone di neve. Riemergono ricordi mattinali sepolti, in particolare i colori alle tele del bob svizzero. Quelli svaniti dell’ex Società di Banca Svizzera: verde pavone, blu notte, un tocco di bianco per il logo delle chiavi, un’idea di arancio. Sono al Sunny corner. Prima del ponte, un binocolo mostra com’è in estate.

Ogni anno, a fine novembre, s’incomincia proprio qui dal Sunny corner a costruire a regola d’arte quella che un reporter della «Frankfurter Allgemeine» in una parola chiama «Natureiskunstwerk»: scultura di ghiaccio naturale. Cinquemila metri cubi di neve tramutati in un serpentone alpino lungo millesettecentoventidue metri. Per tre generazioni ci ha pensato la famiglia Angelini, adesso da quasi trent’anni il compito è affidato a Christian Brantschen che dirige una squadra di quindici tutti di Naturns, Sudtirolo. Ora il sentiero esce per un pezzo sulla strada, si rientra a bordo pista proprio a ridosso della sua curva più celebre, la Horse shoe. La parete che si piega a ferro di cavallo è abbastanza impressionante. Arriva un bob a non meno di centotrenta all’ora, in curva è spinto su in alto fino a sfrecciare via in verticale. La forza centrifuga ispira qualche versetto da luna park. Va da sé, la Horse shoe è il posto migliore per godersi una delle gare di ogni tipo che si svolgono da dicembre a marzo. Il lavoro di uno consiste nell’essere qui tutto il giorno a perfezionare la curva, adesso gratta via un po’ di ghiaccio con un aggeggio apposta. Invece di questa vana musichetta peccato non mettere su Bob Marley a balla. Al Bridge corner un triste monobob sballotta un po’.

Da un paese all’altro, eccoci a Celerina. Il traguardo è in ombra. Pare impossibile un nesso, eppure il Dracula di Bram Stoker è del 1897: lo stesso anno di nascita del club di bob. In fondo niente è impossibile, non dimenticatevi mai del bob giamaicano alle olimpiadi.