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La perdita del nonno

/ 20.04.2020
di Silvia Vegetti Finzi

Cara Silvia,
dopo tanti anni che leggo la «Stanza del dialogo», la considero un’amica cui confidarsi e chiedere consiglio. Superati i settant’anni, riconosco di aver avuto una buona vita: un marito affettuoso, una famiglia serena, due figli che ci hanno dato tante soddisfazioni. Prima di diventare troppo vecchi siamo diventati nonni di Luca e Mattia che ora hanno 15 e 8 anni e abitano vicini. Tutti e due, ma soprattutto il maggiore, sono stati molto legati al nonno. Una persona straordinaria, sempre sorridente, cordiale, disponibile a dare una mano a chi ne ha bisogno, molto amata nel nostro paese. Ogni giorno portava i nipoti nell’orto dove imparavano a coltivare frutta e verdura, dipingere la cancellata, riparare la bicicletta, curare una ferita del cane. Quando il tempo era brutto li faceva sedere accanto a sé sul divano a leggere libri e fumetti. Appena un po’ cresciuti, gli riferiva le notizie più interessanti di «Azione» e le commentavano insieme. Purtroppo, pochi giorni fa questa maledetta pandemia se l’è portato via senza lasciarci la possibilità di salutarlo, abbracciarlo e organizzare un funerale degno di lui. È scomparso e basta. Per me è stata una perdita terribile: mi sento svuotata, incapace di farmene una ragione. Sinora i figli sembrano aver tollerato meglio il colpo perché, coinvolti nell’emergenza sanitaria, una come farmacista, l’altro come ricercatore scientifico, non hanno un attimo di tregua. Ma quello che più mi preoccupa è Luca. Mentre il piccolo Mattia ha pianto, si è rifugiato tra le mie braccia e ha più volte rievocato quello che facevano insieme, Luca si è chiuso in un freddo silenzio. Quando parliamo del nonno si allontana irritato, non vuole saper niente, pare che la cosa non lo riguardi. Eppure il nonno amava entrambi allo stesso modo. Perché allora tanta differenza di comportamento? Grazie.
/ Michelina

Cara Michelina,
per anni, attraverso la «Stanza del dialogo», abbiamo comunicato a distanza senza sapere che ci stavamo preparando, per il sopraggiungere di questa terribile epidemia, a incontrarci tutti da lontano.Come ci fossimo conosciute da sempre, sento come mio il suo dolore e vorrei che le mie parole le fossero di aiuto e consolazione.La morte del nonno o della nonna è sempre stato un evento nell’ordine delle cose e costituiva, per i nipoti, una esperienza dolorosa ma formativa. La prima scomparsa, il primo «mai più» li costringeva a distinguere passato, presente e futuro, a prendere atto che nulla è per sempre e ad affrontare l’elaborazione del lutto. Un lavoro della mente complesso e contraddittorio che coinvolge sentimenti opposti come l’amore e la collera, la gratitudine e il rimorso, la disperazione e la speranza. Per evitare che ciascuno si trovasse solo in frangenti così difficili, ogni epoca ha realizzato cerimonie collettive, rituali consolatori, luoghi di culto. Ora però la pandemia che ha colpito il mondo, imponendo un ferreo distanziamento sociale, impedisce di elaborare simbolicamente un trauma che, privo di espressione e di condivisione, rimane una ferita privata, un male oscuro.

Al dolore per la perdita di una persona cara ciascuno reagisce a modo suo, secondo le circostanze, l’età e la personalità. Lei, più che adulta, ha una storia, una memoria, una forza d’animo che l’aiuteranno a colmare il vuoto che la morte del marito ha scavato nella sua anima. Mattia, che è ancora bambino, ha dalla sua le risorse dell’infanzia: la fantasia, il gioco, la capacità di adattamento, la fiducia negli adulti, la speranza che col tempo tutto si risolva. Luca invece è molto più fragile e vulnerabile. L’adolescenza tende a ingigantire le esperienze mentre il divario tra la mente cognitiva, piuttosto evoluta, e la mente emotiva, ancora immatura, rende difficile elaborarle, comprenderne il senso, iscriverle nella propria biografia e nella storia di famiglia. La reazione più immediata è allora, come accade agli animali feriti, quella della fuga e dell’isolamento.

Quello che lei può fare, in un momento così delicato, è di comunicare a Luca, senza esplicite dichiarazioni, che lo comprende e che ritiene il suo ritegno, non una forma di indifferenza ma di sensibilità. La chiusura in se stesso serve al ragazzo ad arginare lo sconforto e chiamare a raccolta le energie per superarlo. Protegga quindi, con una tacita disposizione all’ascolto, questa sua fragile riservatezza. Appena la situazione lo permette, sarebbe poi opportuno coinvolgere i genitori dei ragazzi in modo che affrontino insieme l’argomento e, condividendo il dolore, allevino il senso di solitudine e di abbandono provocato dall’isolamento sociale. Ma sin da ora qualcosa si può fare.

Chi vi ha lasciato per sempre non è soltanto un nonno ma anche un marito, un padre, un congiunto che unisce più famiglie, la vostra, quella del figlio e dei consuoceri. Un intreccio di relazioni capace di trasformare un’assenza reale in una presenza ideale. Grazie alla capacità degli affetti di fare legame, le spoglie del nonno, tumulate troppo in fretta, possono essere conservate in una cappella simbolica, costituita dalla memoria di tutti e dai ricordi di ciascuno.Verrà poi il tempo delle cerimonie pubbliche quando, finita l’epidemia, la vostra comunità potrà onorare la capacità del nonno di stabilire generosi legami di amicizia, solidarietà, cittadinanza. E dirgli grazie per quello che è stato e ha donato.

Quel giorno, a chi chiederà per chi suona la campana, la risposta sarà: essa suona per te.