La Natura si rivolta?

/ 08.07.2019
di Franco Zambelloni

Era quasi una consuetudine, non molti anni fa (e forse lo è ancora): quando cominciavano a manifestarsi cambiamenti climatici o avveniva qualche catastrofe naturale, qualcuno puntualmente annunciava che «la Natura si ribella». Le emissioni di gas serra, la deforestazione dell’Amazzonia, lo sfruttamento esasperato delle risorse naturali – tutto questo viene interpretato come una violenza contro la Natura che poi comporta una sorta di vendetta della Natura stessa.

Non sono propenso a condividere questa interpretazione del surriscaldamento del pianeta e di altre modifiche ambientali. Si tratta di un’interpretazione che si fonda sulla mentalità «animistica» degli uomini primitivi e che ancora si manifesta nel pensiero infantile: una tendenza che porta ad attribuire anche alle piante, al cielo e ai fenomeni naturali un’anima, una volontà e delle intenzioni analoghe a quelle umane. Condivido piuttosto l’idea di una «Natura matrigna» come la pensava il Leopardi – un’entità del tutto indifferente nei confronti delle vite che ha generato. Ma sono anche consapevole che questa mentalità animistica, retaggio di un’umanità preistorica, permane nel fondo della psiche anche dell’uomo d’oggi. C’è una fase del pensiero infantile che Jean Piaget ha appunto definita «del pensiero animistico» o «magico»: tutti ci passiamo, nel corso dell’infanzia, e ragioniamo secondo una logica primitiva che presuppone un’intenzione anche dietro gli eventi più casuali. Se un bambino di cinque anni ti chiede perché le nuvole si spostano, e dove vogliono andare, hai un bel da fare a spiegargli che una differenza di pressione atmosferica risucchia le nuvole in una certa direzione: lui ti sta a sentire, e magari capisce anche; ma poi continuerà a pensare che le nuvole si spostano per portare la pioggia dove vogliono o dove ce n’è bisogno. È sempre in forza di questa mentalità magica che, fin da tempi antichissimi, derivano l’idea e il nome di «Madre Natura»: immagini dell’antichità, riprese poi nell’arte occidentale almeno fino al Cinquecento e al Seicento, raffigurano la Natura come una donna dotata di una molteplicità di mammelle, conformemente all’idea di una «natura nutrice». E, in effetti, è dai prodotti naturali che l’uomo ricava l’alimentazione e i mezzi di sussistenza: solo che, per averne in abbondanza, fin dagli inizi della civiltà agricola ha dovuto correggere la natura, modificarla e forzarla ricorrendo a deviazioni di fiumi, disboscamenti, domesticazione di animali e così via. Poi, a partire dalla rivoluzione industriale, lo sfruttamento delle risorse naturali e le devastazioni ambientali hanno conosciuto un incremento parossistico.

Quando, nel 1755, un tremendo terremoto distrusse la gran parte della città di Lisbona, ovviamente ci fu chi, per giustificare l’orribile catastrofe, ipotizzò un castigo divino per gravi peccati commessi; e Voltaire ironizzò, secondo il suo stile, contro questa lettura superstiziosa di un fenomeno naturale. «Nella natura tutto perisce e tutto si rinnova» – scriveva: un terremoto o un’eruzione vulcanica non sono effetti di un intervento divino, ma solo meccanismi determinati da cause naturali, che non intendono né punire né premiare un qualsiasi essere vivente. La sua spiegazione risulta rispettosa del Divino: molto più di quella di coloro che attribuivano a Dio una vendetta che magari sterminò dei peccatori, ma di sicuro anche molti innocenti. Eppure, ancora nel 1883, quando si verificò la famosa esplosione del vulcano Krakatoa, qualcuno tornò a evocare lo spettro di una punizione divina.

È indubbio, però, che oggi, quando qualcuno interpreta i cambiamenti climatici come una reazione della Natura che «si vendica» dei soprusi umani, abbia molte più ragioni a suo sostegno che in passato. E però, la via per modificare le tendenze consumistiche è lunga e incerta, e più si registra una crescita demografica più, ovviamente, aumenta il bisogno di risorse, non solo alimentari, ma energetiche, logistiche, tecnologiche. Da questo punto di vista, in base a statistiche recentissime il nostro Cantone sembra avere imboccato una via di ritorno: i dati dello scorso anno indicano che la popolazione è in calo, il 2018 ha fatto registrare più decessi che nascite. Un segno di responsabilità ecologica? Lo si potrebbe anche interpretare così: come insegnava Darwin, la natura appare come una madre assai generosa nel distribuire la vita, ma piuttosto avara nel fornire agli esseri viventi i mezzi per mantenerla.