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La mamma perfetta non esiste

/ 19.11.2018
di Silvia Vegetti Finzi

Cara Silvia, 

oggi per la prima volta mi trovo, non a leggerla ma a scriverle per una questione per cui gli altri mi guardano male e certe volte lo so, hanno ragione. Vorrei tanto correggermi e cambiare, essere diversa e migliore ma ogni volta ci ricasco. Mi propongo non ripetere più i miei errori ma evidentemente non ce la faccio. 
Cercherò di raccontarle la mia situazione, anche se questa confessione, mai fatta prima, mi costa molto. 
Mi sono sposata tardi e temevo che fosse troppo tardi per restare incinta ma dopo pochi mesi è iniziata una gravidanza bellissima, che mi sono goduta sino in fondo. Il parto invece è stato tremendo: diciotto ore di travaglio e dolorose lacerazioni che mi hanno costretta a restare in clinica più del previsto. Tornata a casa, ero così stanca che non riuscivo neppure ad allattare Marco, il mio bellissimo bambino. Era estate e mia madre mi ha lasciata sola ripartendo subito per le vacanze che aveva interrotte di malavoglia. Mio marito si era messo in ferie e mi aiutava in ogni modo, sempre affettuoso e premuroso, ma io non riuscivo a riprendermi. Tutto era troppo per me: i risvegli notturni, le ore delle poppate, il continuo cambio dei pannolini… avrei voluto fuggire, sparire. Con mio marito mi fingevo felice ma appena rimasta sola urlavo dalla rabbia di non riuscire a essere la brava mamma che avevo sognato di essere. Sin da quando ero piccola, di fronte ai comportamenti altalenanti di mia madre, alla sua indifferenza, mi ero ripromessa di non essere come lei, di essere una mamma bravissima, una mamma perfetta.
Ma non è andata così, anzi peggio. Mentre mia madre era fredda, io sono ribollente: ai tanti capricci di Marco, che ora ha tre anni, reagisco con urla, sgridate e talvolta, quando sono sicura di non essere vista, strattoni e qualche sculaccione. Ma subito mi pento e l’abbraccio, lo bacio, gli chiedo perdono. Finirà mai questo tormento?
/ Estella

Sì, Estella, finirà. Finirà perché con questa lettera si è decisa a chiedere aiuto, ad ammettere che da sola non ce la fa perché il passato la condiziona, perché il dolore che sua madre le ha inferto non può essere superato soltanto con un atto di volontà, con la promessa: «non voglio essere come lei». 

È vero, come non smetto mai di affermare, che l’amore non ricevuto può essere colmato con l’amore donato, ma resta, nel suo caso, un residuo non elaborato: la rabbia, che i comportamenti contraddittori e imprevedibili di sua madre le hanno suscitato quando era bambina e, a quanto pare, anche oltre.

Il suo ideale di mamma perfetta è stato in questo senso fuorviante perché le ha impedito di riconoscere l’odio celato dietro l’amore idealizzato.

La collera che ora rivolge a Marco è diretta anche contro se stessa, incapace di essere la figura sublime che si era riproposta. L’impossibilità di realizzare un modello irraggiungibile la fa sentire inadeguata al compito, una matrigna, una strega, mentre è soltanto una mamma turbata. Abbandoni, la prego, le immagini fantastiche che perseguitano la sua mente, si riconosca umana e ammetta che, come tutte le mamme, vive un amore attraversato da momenti di stanchezza, di solitudine, di incomprensione, di noia e di stizza. 

Se ha delle amiche, ne parli con loro e vedrà che la mamma perfetta non esiste e che i bambini sono disposti a perdonare gli errori dei genitori quando, nonostante tutto, si sentono amati. L’amore, come il sole, più è forte più produce ombre. E l’amore materno è, in questo senso, particolarmente potente.

Mentre sua madre, stando alla sua lettera, è stata distratta da un eccessivo attaccamento al lavoro, può darsi che lei sia troppo legata al suo ruolo di madre. In questa epoca essere «solo mamma» non basta. Adesso che suo figlio ha tre anni e può andare all’asilo, cerchi di ravvivare l’intesa con suo marito, di sentirsi donna oltre che mamma, di trovare nuovi interessi, di partecipare attivamente alla vita sociale e scolastica del bambino. Vi è, oltre alla maternità intensiva verso i propri figli, una maternità estensiva che comprende tutti i bambini e, con essi, le persone fragili e dipendenti, come gli anziani e i malati.

Attraverso la riflessione, l’introspezione e il ricordo, ritorni al passato e abbracci la bambina che è stata, la bambina sola, delusa, irata, troppo presto sostituita da una sosia fittizia e vedrà che, così ricomposta, troverà la capacità di guardare a se stessa con comprensione e al futuro con fiducia. 

Crescendo Marco l’aiuterà a stabilire una relazione non priva di imperfezioni ma viva e vera, utile a entrambi perché, accanto a un bambino che cresce, crescono anche i suoi genitori. I figli rappresentano una seconda possibilità per divenire ciò che avremmo voluto essere, cerchiamo di coglierla per il bene di tutti.