Le fosse comuni scoperte a Bucha rappresentano un punto di non ritorno nel conflitto ucraino. Rivedere simili scene in Europa è una mortificazione per chiunque ami la pace e la libertà. A maggior ragione il mondo non può restare indifferente, tanto meno l’Ue. Molti considerano questa guerra come una «guerra americana». Non è così. La guerra si combatte in Europa e l’America corre meno rischi diretti. Molti grandi Paesi europei, a cominciare da Germania e Italia, dipendono dal gas russo; l’America ha di fatto raggiunto l’indipendenza energetica. È evidente quindi che il presidente Usa si muove con una libertà di manovra che i leader europei non hanno. Ma la guerra l’ha scatenata Putin, non Biden. I servizi americani l’avevano prevista e hanno aiutato gli ucraini ad affrontarla. Se Putin ne uscirà indebolito, alla Casa Bianca nessuno piangerà. Non si tratta di uno scenario nuovo. Al tempo della guerra fredda i russi aiutarono i popoli con cui gli americani erano in guerra – ad esempio nel Vietnam filosovietico – mentre non reagirono quando l’esercito Usa invase la Cambogia filocinese; e gli americani aiutarono i popoli che erano in guerra con i sovietici, ad esempio gli afghani. In Africa si combattevano guerre per procura: in Angola ci fu persino un intervento castrista. Tornando al presente, è stato Putin a cacciarsi nella trappola ucraina. E la Russia, impegnata a rimettere insieme con la forza territori perduti, ha perso l’occasione di integrarsi nel sistema di sicurezza occidentale.
Altri fanno notare l’assenza dell’Onu nella crisi, un’organizzazione molto invecchiata. Rispecchia il mondo uscito dalla seconda guerra mondiale. Non a caso tre dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza sono europei: Francia, Regno Unito e appunto Russia. Logica vorrebbe che uno dei cinque seggi andasse all’Ue; ma i francesi non rinunceranno mai al loro. Tutti i tentativi di riforma sono stati finora bloccati, e tra i più attivi a bloccarli sono stati gli italiani, per evitare che l’allargamento del Consiglio includesse Berlino, lasciando fuori Roma. Ma il problema si ripropone in ogni continente. Argentini e messicani non sarebbero entusiasti se entrasse solo il Brasile. L’Egitto e la Nigeria non vedrebbero di buon occhio l’ingresso del Sud Africa. Né la Cina accoglierebbe volentieri il Giappone e la Corea del Sud, potenze economiche filoamericane. Se poi entrasse l’India, il Pakistan andrebbe nel panico.
Il risultato è un’istituzione poco dinamica, bloccata, cui neppure le presidenze democratiche di Obama e Biden (dopo gli anni di Bush e di Trump) sono riuscite a restituire smalto. E dire che il Palazzo di vetro è a New York. E la dimensione globale dei problemi – dal riscaldamento del pianeta alla proliferazione nucleare, dal reperimento delle materie prime al controllo dei flussi migratori – necessitano sempre più di un governo globale e di leader lungimiranti, capaci di pensare anche alle generazioni future.
Poi ci sono i critici della Nato. Si dividono in due categorie. Quelli che sostengono che l’Alleanza atlantica si sia allargata troppo verso est e quelli che dicono che non si sia allargata abbastanza. Secondo i primi, Putin ha attaccato l’Ucraina perché si è sentito provocato da una Nato troppo forte. Secondo gli altri, Putin ha attaccato perché si è sentito incoraggiato da una Nato troppo debole, che non ha avuto il coraggio di arrivare a Kiev. Di sicuro coloro che accusano la Nato – cioè l’alleanza che bene o male ha garantito all’Europa 70 anni di pace – la presentano come una piovra che allunga i suoi tentacoli su paesi che per diritto divino apparterrebbero alla sfera di influenza russa. Ma i paesi dell’Europa orientale e baltica si sono sentiti protetti dalla Nato in vista di un ritorno della Russia a una politica aggressiva. Davvero qualcuno può seriamente pensare che la Nato intendesse muovere guerra a Putin? Se Putin si è sentito accerchiato è anche perché ha abbandonato la politica di distensione, ha cercato un’intesa con la Cina, ed è tornato a usare i carri armati per regolare le sue questioni con la Georgia e l’Ucraina. Poi, certo, la Nato non è un’associazione benefica, è un’alleanza di paesi che a volte hanno interessi diversi, egemonizzata dagli Usa. Tutto si può e si deve criticare, ma nulla giustifica i crimini che Putin ha commesso e commette. A cominciare dalle atrocità di Bucha.