La guerra è anche digitale

/ 11.04.2022
di Alessandro Zanoli

È inevitabile parlare della situazione creata dal conflitto tra Russia e Ucraina, tanto più che gli aspetti tecnologico-digitali legati alla situazione sono numerosi.

Da un lato perché gli strumenti IT sono diventati vere armi, in grado di colpire sistemi e infrastrutture del nemico, infliggendo danni gravi e significativi. Molto eloquente è l’intervista rilasciata a «Repubblica» da Mykhailo Fedorov, Ministro per la trasformazione digitale dell’Ucraina (e già la definizione della sua funzione apre un universo di suggerimenti e suggestioni su cosa vuol dire gestire il futuro di una nazione).

Fedorov racconta del suo impegno quotidiano per combattere la guerra in corso, un impegno in prima linea, utilizzando gli strumenti e soprattutto le persone di cui dispone. Quello che il giovane ministro tiene a sottolineare è che ciò che sta avvenendo produce anche conoscenze e risorse che la sua nazione aspira a utilizzare come fattori costruttivi e determinanti per il futuro dopoguerra: «Vogliamo diventare il più grande Hub-IT in Europa. Sono sicuro che accadrà».

Sul fronte digitale, comunque, la guerra può toccarci anche personalmente. La nostra abitudine all’uso del web ci fa pensare che esso sia garantito e inattaccabile. Come utilizzatori quotidiani di piattaforme enciclopediche quali Wikipedia e Internet Archive, sia come professionisti dell’informazione, come studenti, o come semplici navigatori dell’infosfera, abbiamo l’impressione che quegli aggregatori di informazione siano contenitori immanenti, intoccabili, eterni. La realtà delle cose mostra invece che la loro natura è fragile e soprattutto che la loro accessibilità e indipendenza può essere messa in crisi da chi non è interessato alla libertà di espressione.

I fenomeni interessanti (e preoccupanti) da osservare ci sembra si muovano perlomeno in due direzioni. Da un lato sul piano dell’informazione quotidiana, della diffusione cioè di notizie che spieghino quello che sta succedendo e, soprattutto, i motivi per cui le cose prendano una certa piega. Significativa in questo senso la notizia diffusa negli scorsi giorni dalla Wikipedia Foundation in cui si denunciano i tentativi messi in atto dalle autorità russe per impedire la pubblicazione sull’enciclopedia online di contenuti che contraddicano la narrazione ufficiale con cui si giustifica l’invasione militare dell’Ucraina. I promotori della piattaforma enciclopedica lanciano l’allarme sul rischio che stanno attualmente correndo i compilatori russi delle pagine di Wikipedia. La Russia ha annunciato di voler comminare una multa di 4 milioni di rubli se le informazioni «inaffidabili e proibite» diffuse a proposito dell’operazione in corso (è vietato ad esempio definirle «una guerra») non saranno rimosse. Inoltre, va messo in conto il rischio di 15 anni di prigione a cui vanno incontro gli estensori stessi delle notizie.

Alla preoccupazione dei responsabili di Wikipedia si aggiunge, su un altro versante del conflitto digitale, quella dei promotori di un ulteriore progetto di respiro mondiale, l’«Internet Archive». Costituito anch’esso su base volontaria e non-profit, l’archivio è un mastodonte che si propone di salvare dall’oblio miliardi di contenuti pubblicati sul web ormai da oltre 20 anni. Il proposito nasce dalla convinzione che le memorie digitali siano più labili di quelle cartacee e necessitino di un enorme sforzo di conservazione per superare la prova dei secoli. L’archivio si sta appellando in queste settimane agli utenti del web, affinché salvino sui loro computer il maggior numero possibile di siti web con estensione «.ua», siti ucraini che, invece, gruppi di hacker russi stanno cancellando, per rimuovere ogni prova di esistenza digitale della regione militarmente occupata.

La richiesta, che ci è arrivata via posta elettronica da Internet Foundation, è di partecipare attivamente al salvataggio (con l’uso di programmi appositi) oppure di sostenere con un piccolo contributo economico questo sforzo di civiltà e di indipendenza. Ecco quindi un altro modo concreto con cui anche noi, da qui, possiamo sentire la vicinanza di quella drammatica situazione e decidere come reagire.