Aveva accarezzato l’idea per anni, fin da quando, bambino poco propenso alla disciplina scolastica, assieme al fratello Bartolomeo, amava studiare le carte nautiche che a Genova era divenuta un’industria d’eccellenza. Arrivato poi in Portogallo come agente di commercio dopo alcuni anni da imbarcato (e un abbordaggio di pirati francesi che gli aveva fatto perdere l’ingaggio), aveva cominciato a dedicarsi seriamente al suo sogno. I re portoghesi, al tempo, si trovavano costretti a una politica d’espansione sui mari costretti com’erano, dopo la Reconquista dei Re spagnoli che si sarebbe completata proprio nel fatale 1492, a voltar le spalle alla terraferma e cercar fortuna altrove. Ma i portoghesi erano tutto fuor che marinai d’altura. La pesca costiera della sardina e la navigazione sottocosta era tutto ciò che tecnologia e un Mare Oceano ostile permetteva loro. Genova dominava allora i commercio nel Mediterraneo Occidentale, scapolate le colonne d’Ercole, ormai rassegnata alla supremazia della Serenissima sulle rotte orientali. Benvenuta dunque fu la politica di Enrico, Infante di Portogallo e Principe di Sagres (1394-1460), detto il Navigatore: fra il 1420 ed il 1445 annesse al Regno di Portogallo Madera, le Azzorre, e le isole del Capo Verde mentre stabiliva l’egemonia portoghese in tutto il Golfo di Guinea, fino al Congo e all’Angola. A lui, dunque, vanno onori ed oneri per avere fondato, intorno al 1450, l’impero coloniale portoghese. Strumento tecnico fu la caravella, agile legno a due alberi che, nonostante le piccole dimensioni e le vele quadre, riusciva a virare di bordo con una certa facilità per risalire i venti contrari Est-Ovest del golfo di Guinea.
Gli equipaggi di contadini a digiuno di terminologia marinaresca venivano addestrati appendendo un mazzo di agli a dritta ed uno di cipolle a mancina: al comando del Nostromo «Agli!», «Cipolle!» la ciurma allora sapeva a quali cime attaccarsi e tirare, mettiamola così, molto poco marinarescamente. A terra, nella reggia principesca di Sagres, esperti cartografi, in larga misura genovesi, ben pagati e giurati al segreto, compilavano e aggiornavano i portolani sulle indicazioni di comandanti ed equipaggi di ritorno dai viaggi di esplorazione. Ambienti, elaborazioni ed elucubrazioni alle quali Colombo, che si guadagnava da vivere come agente per i mercanti Genovesi della famiglia Centurione, riusciva in qualche modo ad avere accesso tramite le conoscenze a corte del padre della moglie Filipa e certo delle soffiate del fratello Bartolomeo, apprezzato membro del team dei reali cartografi. Colombo peraltro lavorava pro domo sua per realizzare il suo sogno: interrogava marinai reduci da navigazioni importanti e – rimane nella tradizione del «si dice» – ad un certo punto si fece dire da un marinaio in punto di morte cruciali informazioni relative a gabbiani e tronchi d’albero avvistati ad Ovest delle Azzorre. «Dunque, se la terra è rotonda, deve essere possibile giungere all’estremo Est navigando verso Ovest». Questa, in poche parole, l’intuizione geniale di Colombo. E folle. Non sappiamo se i successori del grande visionario Enrico il Navigatore fossero o meno terrapiattisti. Fatto sta che la Corona portoghese giudicò l’impresa impossibile, assurda. Colombo, a quel punto, decise di giocarsi il tutto per tutto e riparò in gran segreto in Spagna portandosi via carte nautiche e informazioni che certo, se scoperto, gli sarebbero costate la testa. Era l’ultima spiaggia, letteralmente, l’ultima prima dello sbarco a San Salvador che avrebbe cambiato la storia del mondo. Fu il confessore personale della Regina Isabella, Padre Juan Pérez, a far sì che la Sovrana concedesse una seconda udienza a Colombo dopo che una prima Commissione Reale aveva confermato il verdetto negativo dei portoghesi. Quale fosse il patto col diavolo – od altri che non potè rifiutare – contratto dalla Cattolicissima Sovrana ispirata dal Real Confesor non è dato sapere. Sia come sia: il piano di Colombo fu finalmente approvato. Le Capitulaciones del progetto, firmato da Colombo e controfirmato dal Sigillo Regale, garantivano a Cristóbal Colón il titolo di Ammiraglio del Mare Oceano, Vicerè e Governatore Generale delle terre eventualmente scoperte, il titolo di Don e un decimo di tutte le ricchezze frutto del suo viaggio. Era il 17 aprile 1492, cinquecentotrentuno anni fa. Il 3 agosto Cristóbal Colón salpava da Palos de la Frontera, all’alba. In nomine Domini.