Cara dottoressa Silvia,
di solito si rivolgono a questa rubrica persone del suo sesso e mi sembra che lei le capisca molto bene e risponda a tono. Ma questa volta è un lettore che le scrive e non so se scatterà lo stesso feeling. Ora mi spiego meglio.
Sposato da 30 anni, ho conosciuto mia moglie quando eravamo ancora ragazzi. Per me è stato il classico colpo di fulmine, non avevo ancora avuto una storia e iniziare subito col grande amore non mi sembrava vero, credevo di vivere un sogno.
Lei (Marta) era più cauta, riflessiva, forse calcolatrice ma alla fine il mio slancio l’ha conquistata, mi ha detto sì e il sogno è diventato realtà. Siamo stati e siamo, per chi ci conosce, una coppia modello: mai un conflitto, un bisticcio, un muso e una ripicca. Insieme abbiamo realizzato i nostri progetti, i nostri sogni: una bella casa, due figli, maschio e femmina, il benessere economico, tanti amici e splendidi viaggi.
Ma, se mi chiede se sono felice, devo dirle di no. Forse ho tutto salvo la cosa più importante: sentirmi amato.
Ho lavorato come più non si potrebbe: ho accettato lunghi incarichi all’estero e mi è capitato di svolgere due attività contemporaneamente. Eppure mia moglie non mi ha mai detto bravo. Non si lamenta, non chiede di più, non fa confronti, semplicemente sta con me in modo saldo e responsabile. La sua autosufficienza però mi chiude fuori dalla porta e, se insisto per entrare, mi fa capire che mi vuol bene ma non mi ama. Le confesso che invidio gli amici che, anche dopo molti anni di matrimonio, hanno accanto una moglie appassionata e mi verrebbe voglia di trovare una donna che mi corrisponda, ma subito mi pento perché Marta non merita di essere tradita e i miei figli di essere delusi.
Forse il suo è un modo diverso di amare, ma è proprio così. / Paolo
Caro Paolo,
la sua perplessità le fa onore perché sono molti gli uomini che si sentono autorizzati a cercare fuori ciò che non trovano in casa, dimenticando promesse e impegni. Il suo senso di responsabilità è encomiabile e fa di lei una «bella persona» ma non me la sento di rispondere alla sua lettera con una pacca sulla spalla. È giusto e legittimo cercare di essere felici, anche se difficilmente si è felici da soli. Già una volta, all’inizio della vostra storia, il suo entusiasmo è riuscito a smuovere la freddezza della sua amata convincendola a sposarvi e poi a starle a fianco con convinzione, condividendo le cose più importanti della vita: la sicurezza, la fiducia, la speranza, i figli… nella buona e nella cattiva sorte.
Anche Marta si sarà sentita sola durante le sue lunghe assenze e forse avrà avuto la tentazione di tradirla ma non l’ha fatto. L’adulterio non è un’alternativa che questi temperamenti prendano in considerazione. Persone come sua moglie garantiscono stabilità al matrimonio e sostegno alla carriera del coniuge, anche se il loro apporto non viene mai rivendicato.
Se lei, invece di dare importanza soltanto alle parole, valutasse anche i fatti, si renderebbe conto che tutto il comportamento di Marta è stato una prova d’amore. Silenziosa ma non per questo insignificante. Le assicuro che nessuna donna, autosufficiente e non masochista, resterebbe per trent’anni accanto a un marito deluso e scontento.
Se la situazione attuale le sembra insopportabile, ne tragga le conseguenze, ma prima di buttar tutto all’aria pensi che i modi di amare sono spesso complementari. Perché non prova ad apprezzare e amare sua moglie così com’è? Certo non perfetta ma sufficientemente buona per meritare la sua dedizione.
Il matrimonio, dice Freud, diventa saldo soltanto quando la donna diventa la madre del marito. È una condizione importante, forse necessaria, ma comporta per entrambi di sacrificare elementi di vitalità, come l’erotismo, la fantasia, il gioco, l’avventura, la trasgressione, il segreto e il rischio. Freud resta convinto che il bisogno di sicurezza sia così fondamentale da indurci ad accettare i disagi della civiltà, tra cui, non secondario, la fedeltà matrimoniale.
Ma ora non ne siamo più così sicuri, tanto che le separazioni coniugali sono in costante aumento. Non per questo gli indici di felicità puntano verso l’alto, anzi, ho assistito al ricongiungimento di alcune coppie dopo la separazione e a non pochi pentimenti di ex coniugi che, rimasti soli, rimpiangono il legame che, fino a poco prima, era sembrato intollerabile. In fondo la felicità umana, salvo in momenti eccezionali, come l’amore allo stato nascente, non è mai completa né garantita. Si tratta sempre di un compromesso tra il tutto e il niente, di un equilibrio instabile e provvisorio, da accettare con riconoscenza, come un dono della vita.