Era prevedibile. Non appena l’hanno visto sbarcare nell’Aldilà, i grandi Capi della prima stagione della gloriosa televisione di Stato hanno chiesto a Maurizio Costanzo di rifare Bontà loro. Lui che in vita è sempre stato un drogato del lavoro, li ha subito accontentati. Ed ora eccoli tutti lì, da Ettore Bernabei in poi, a rievocare i vecchi tempi. Grazie a un amico, storico della Torino città magica, ho avuto il privilegio di assistere non visto a una seduta. È stato tutto un rimpianto. A iniziare dai tempi in cui Verità e Rai erano la stessa cosa. «L’ha detto la radio» era una frase che chiudeva ogni discussione. Ereditata dalla TV. Un borseggiatore si consegna alla Polizia nell’aeroporto di Fiumicino restituendo il portafoglio sottratto a un passeggero: «Ho capito che ero stato scoperto quando ho visto scendere dalla scaletta il tenente Sheridan». Era Ubaldo Lay, un attore con un’unica espressione, «un impermeabile che cammina». La vigilia di un’edizione del Festival di Sanremo è avvelenata dai sospetti sulle scelte della giuria che avrebbe già previsto il nome del vincitore. La direzione della Rai invia il commissario Maigret nelle vesti di Gino Cervi che, dopo una scrupolosa indagine, assicura che è tutto in regola, e il popolo degli spettatori si mette tranquillo. Il regista Anton Giulio Majano registra in uno studio di via Teulada la scena finale dello sceneggiato tratto dal romanzo «Una tragedia americana» di Theodor Dreiser. È quando il protagonista Clyde Griffith, interpretato da Warner Bentivegna, esce dalla cella della morte per essere condotto sulla sedia elettrica. Majano si commuove, piange e ordina al suo aiuto: «Vai avanti tu». Un giovane tecnico, ancora in prova, rompe le regole e tenta di consolare il regista: «È solo una recita, è tutto finto». Licenziato. Oggi gli spettatori della TV si fidano di quello che vedono solo se è stato ripreso dal cellulare di uno che era presente e ha scelto di filmare invece di aiutare le vittime dell’incidente.
Nel dibattito i paragoni tra la TV di ieri e quella di oggi si sprecano. Oggi in ogni inquadratura troviamo pubblicità occulte di ogni genere. Noi facevamo mettere una striscia di adesivo nero sul marchio Steinway dei pianoforti a gran coda per evitare che uno spettatore, dopo aver assistito al concerto di Arturo Benedetti Michelangeli sul televisore del bar sotto casa, corresse a comprarsene uno da mettere nel suo monolocale. Festival di Sanremo, 1959: Jula de Palma pretende di cantare Tua inguainata in un vestito con una scandalosa scollatura. Non se ne parla. Un cameriere del Casinò rimedia all’impasse rubando una rosa dal vaso di un tavolino e infilandogliela tra le tette. Adesso se ti presenti vestito sul palco dell’Ariston ti rimandano indietro. Noi si vigilava notte e giorno ma non bastava mai. Quante scene abbiamo fatto rifare! Un carabiniere seduto accanto al telefono muto del pronto soccorso inganna il tempo facendo le parole incrociate: rifare! È in servizio, è proibito distrarsi.
Tutti rimpiangono la felice ma troppo breve stagione della tivu della Bresaola. Nel 1977 era stato nominato direttore generale della Rai Pierantonino Bertè, milanese, per quattro legislature parlamentare democristiano. Nel primo giorno del suo insediamento, al bar del settimo piano di viale Mazzini aveva ordinato un semplice panino di bresaola. Sgomento generale: nessuno sa cosa sia ma fin dal giorno dopo si rimedia. Quintali di bresaola perché tutti, capi, capetti, aspiranti capi, sono diventati bresaola dipendenti. Ettore Bernabei ricorda quando il suo autista rivelò, con l’intenzione di elogiarlo, che lui, ogni mattina, prima di salire al suo ufficio, sostava nella chiesa di Cristo Re. Da quel giorno la chiesa divenne la più affollata di Roma.
In chiusura Maurizio Costanzo pone a tutti la stessa domanda: cosa rimpiangete di più della vostra stagione televisiva? La risposta è unanime: le polpette antiuomo della mensa, le «misteriose»: nessuno è mai riuscito a scoprire cosa ci fosse là dentro. Ricordate quando papa Wojtyla venne in visita negli studi di Saxa Rubra? Invitato a benedire la sala mensa s’illuminò alla vista di un vassoio ricolmo di polpette antiuomo. «In Polonia sono il nostro cibo prediletto». Nessuno ebbe il coraggio di metterlo in guardia. Sua Santità ne spazzolò un bel numero e non gli successe niente. Per ricordare l’evento, al posto dove il papa si era seduto avevamo messo una piccola statua della Madonna di Lourdes ma quei miscredenti venuti dopo di noi l’hanno tolta.