Il settore dell’Antropologia che nell’ordinamento classico della disciplina era noto come Antropologia Giuridica – e il vostro Altropologo preferito è abbastanza antico per averla dovuta studiare – è oggi divenuta una sorta di Cenerentola. Complice la globalizzazione che si vuole un po’ sbrigativamente compiuta, si presume che ormai tutti gli apparati giuridici dell’orbe si ispirino/adeguino/copino gli apparati giuridici degli Stati «moderni» – laddove le differenze fra i sistemi giuridici di natura storica, culturale e politica sarebbero in via di omologazione sotto la spinta implacabile della modernizzazione. Salvo poi – naturalmente – andare a sbattere non solo contro il permanere – quando non il risorgere – di concetti e pratiche che si vorrebbero obsoleti come un breve esame della coscienza globale non potrà che evincere. Peraltro, la maturazione di concetti e pratiche «moderne» nell’amministrazione dei delitti e delle pene ha conosciuto passaggi epocali paradossali se non grotteschi – al limite delle acrobazie culturali, posto che esistano.
Anne Greene (circa 1628-1659) nacque da famiglia di popolani nella contea di Oxford. Come tante della sua condizione sociale, da giovane lavorava come serva di cucina nella grande casa del Giudice di Pace Sir Thomas, in un piccolo villaggio della contea. Anne avrebbe raccontato più tardi come il sedicenne nipote del giudice, tale Geoffrey Read, avrebbe fatto oggetto di attenzioni sessuali la serva ventiduenne. Fin qui nulla di eccezionale: eccezionale, data la temperie dell’epoca, sarebbe stato se il fatto non fosse successo. Sta di fatto che Anne fu sedotta e rimase incinta. A suo dire non se ne sarebbe accorta fino a quando non si trovò ad abortire un feto di diciassette settimane nel bagno della casa padronale. Cercò di nascondere i resti ma fu scoperta ed arrestata per sospetto infanticidio. A procedere col capo d’accusa fu il suo stesso datore di lavoro, Sir Thomas Read. Capo d’imputazione l’articolo dal titolo «Occultazione di nascita dei bastardi». La legge diceva, in sostanza, che se una donna avesse nascosto la nascita di un figlio illegittimo vi era la presunzione legale che lo avesse ucciso. Di quanto questa logica fosse in debito al pregiudizio giudichi chi legge. Nel corso dell’indagine una levatrice testimoniò come il feto fosse troppo immaturo per essere nato vivo mentre i suoi colleghi certificarono come un mese prima dell’evento Anne avesse accusato perdite dovute all’affaticamento durante la lavorazione del malto. Queste testimonianze non valsero a nulla. Anne Greene fu dichiarata colpevole ed impiccata nel castello di Oxford: era il 14 dicembre 1650.
Quanto segue è il frutto di accurate indagini giornalistiche che ebbero a seguire il caso straordinario. Tralascio i dettagli delle istruzioni che la stessa Anne dette ai suoi amici per risparmiarle l’agonia del supplizio, fattostà che – applicando la legge alla lettera – dopo mezz’ora fu calata dal patibolo e dichiarata morta. Come era al tempo costume coi giustiziati di basso rango sociale, il cadavere fu consegnato ai chirurghi dell’Università di Oxford William Petty e Thomas Willis per essere dissezionato. Il giorno dopo gli stessi aprirono la bara. Con grande sorpresa scoprirono che Anne respirava, seppur debolmente, così come debolmente le batteva il cuore. Chiamati a rinforzo due colleghi dell’Università – Ralph Bathurst e Henry Clerke, si cominciò una corsa contro il tempo. Si impiegarono i metodi più fantasiosi che la medicina empirica del tempo e l’ingegno degli accademici di un’Università già allora all’avanguardia potessero suggerire. Glisso anche su questi dettagli eccetto l’ultimo: Anne Greene fu messa in un letto con un’altra donna che aveva il compito di tenerla calda. La paziente cominciò presto a migliorare, e dopo dodici ore già parlava. Nel giro di un mese era di nuovo in salute, fatta eccezione per un’amnesia relativa alle circostanze della sua esecuzione.
Il caso fece scalpore. L’antico sistema di riferimenti culturali si rivelò – paradossalmente – più umano dei moderni: ad Anne Greene fu sospesa la sentenza. Fu poi assolta dalle accuse perché si disse – secondo una credenza radicata nel processo giuridico medievale fondato sull’ordalia – la mano di Dio l’aveva salvata per dimostrarne l’innocenza. Perdipiù, tre giorni dopo, lo stesso Sir Thomas Read morì improvvisamente. Sul caso vennero scritti pamphlet e fogli volanti distribuiti nelle fiere. Furono scritti poemi e novelle: secondo un testimone una folla inferocita contro la sentenza di perdono trascinò di nuovo Anne sul luogo dell’esecuzione per una seconda impiccagione, ma una pattuglia di soldati intervenne e le salvò la vita una seconda volta.
Anne Greene andò a vivere in campagna presso amici portandosi dietro la sua bara. Si sposò, ebbe tre figli e morì una seconda volta nel 1659. Requiescat.