Il giugno del 1374 era stato particolarmente caldo in tutta Europa. Nella stessa città tedesca di Aachen, ai confini del Belgio e non lontano da Colonia le temperature erano salite a livelli anomali per la stagione. Si temevano siccità e carestie. La gente scrutava il cielo in attesa di piogge improbabili. Nelle chiese le Confraternite avevano cominciato tridui di preghiera mentre le autorità ecclesiastiche aiutavano l’opportunità – sempre rischiosa poiché esposta al fallimento – di far entrare in campo la formidabile batteria di reliquie conservate nelle chiese della città e farle marciare in processione per impetrare la pioggia.
All’improvviso, nella calura della controra, a coincidere con quel panico meridiano che i Greci attribuivano alle incursioni di Pan, alcune donne cominciarono a danzare. O meglio, ad agitarsi in maniera più o meno scomposta fra grida ed urla incomprensibili. Presto furono affiancate da altre danzatrici e danzatori ai quali presto si associarono musicanti i quali dettavano in qualche modo un ritmo ed una disciplina coreutica a quello che presto diventò un fiume di gente a vari stadii di frenesia ed allucinazione: si muoveva come un serpente per le strade della città contagiando nella furia coreutica chiunque si trovasse lungo il percorso. Il Priore del convento dei Domenicani, vista la massa sfilare sotto le sue finestre, non ebbe dubbi: anche quest’anno il Solstizio Estivo si sarebbe concluso con una crisi sociale fra le più temute in tutta la cristianità – quella conosciuta come il Ballo di San Giovanni: libera nos Domine.
Il Ballo di San Giovanni, altresì conosciuto come Ballo di San Vito, è uno dei fenomeni ancora meno compresi della cultura popolare dell’Occidente cristiano. Noto alla medicina ufficiale come coreomania, il fenomeno è associato agli stati isterici ed allucinatori. Riguarda soprattutto le donne che spesso sono le prime a dare il via alle danze – letteralmente – prima di coinvolgere anche gli uomini che, peraltro, a leggere le fonti, ci davano poi dentro con gusto. Non se ne conoscono né i sintomi e nemmeno le cause. Alcuni hanno voluto farne una forma di erpes zoster – il Fuoco di Sant’Antonio – ma l’evidenza portata a supporto dell’ipotesi non è conclusiva. Altri autori hanno tirato in ballo l’ergotismo, una forma di intossicazione allucinatoria provocata da una muffa che si sviluppa sulla segale umida o mal conservata – la cosiddetta «segale cornuta», mentre c’è anche chi ha chiamato in causa l’epilessia. La verità è che da un punto di vista medico clinico il fenomeno è di difficile spiegazione. Rientra infatti in quella vasta serie di afflizioni psichiche che vanno dalla possessione da parte di agenti spirituali nota soprattutto in Africa, nel Subcontinente Indiano ed in Indonesia, alla trance sciamanica per congiungersi con il tarantismo mediterraneo e l’argia sarda. Potremmo chiamarli con il termine collettivo di afflizioni psichiche con forti componenti specifiche di natura culturale – espressione che ahimè – parola di Altropologo – non aiuta molto a capirne la natura ma almeno la porta fuori dai pantani della psichiatria ufficiale.
Sta di fatto che San Giovanni e San Vito – così come spesso accade secondo la logica della religiosità popolare – sono al contempo i mandanti e i pompieri della sindrome coreutica a loro associata visto che la scatenano – e la curano – a loro piacimento con l’aiuto della musica che sempre fa da contorno a queste forme di movida d’antan – proprio come un DJ che decida quando sia ora di accendere le luci ed andare tutti a nanna.
Crisi di coreomania sono documentate fino dal VII secolo e sembrano sparire completamente nel 1600. Le date scatenanti il fenomeno coincidono spesso con le grandi feste religiose – Natale in particolare. La severità del contagio andava dalle poche decine alle centinaia ed anche migliaia di persone coinvolte. Spesso la danza era accompagnata da invettive e scurrilità, fino alla perfomance di atti sessuali in pubblico. Basilea, Zurigo, le Fiandre, Strasburgo, Augsburg, il Lussemburgo: si vedeva gente cadere a terra esausta da giorni e giorni di danza – altri morivano d’infarto… nel 1278 un ponte sulla Mosa crollò sotto il peso di duecento persone in preda alla crisi: molte furono curate nella vicina cappella di San Vito e tornarono a danzare in suo onore…
Sembra che le esplosioni di coreomania collettiva finissero improvvisamente così come improvvisamente potevano ripartire. Un’Europa che viveva sospesa fra carestie e pandemie, pogrom di ebrei e caccia alle streghe – e le occasionali esplosioni di coreomania tanto per fare un po’ di ricreazione…
Il Covid 19? Acqua fresca, parola di Altropologo.