La fonte, mi chiedete. Non ve la do, la fonte. Come giornalista ho il diritto, dirò di più, il dovere di tenerla riservata.
Sono andati via tutti. Siamo rimasti soli, tu e io. Amici da una vita. A me la puoi dire, sarò una tomba. Va bene, ma tientelo per te: non gliela do la fonte perché non saprei come fare per trovarla. Tutto è iniziato una mattina come tante altre. Alle undici conferenza stampa nel palazzo della Regione. Mi trovo in fila con i colleghi in attesa del mio turno per la verifica del pass. Sono a fianco della jeep della polizia. Senza volerlo ascolto la conversazione fra due poliziotti. Parlano di un collega: «Povero ragazzo, è stato sfortunato». «Proprio così. Ha sposato una contessa scaduta». Si è acceso un faro, è partita la mia inchiesta. Ho iniziato le mie ricerche con un giro di telefonate. Risultato: un pugno di mosche. Nessuno ne sapeva niente. Dovevo uscire a ogni costo con un primo lancio, per stoppare il rischio che qualcuno mi soffiasse lo scoop. Il titolista ha condiviso la mia esigenza e ha messo nel titolo un punto interrogativo: «Clamoroso! Nel nostro paese le contesse hanno forse una data di scadenza?». Nel testo ho ricostruito la prima notte di nozze dei due sposini. Finiti i brindisi, tagliata la torta, entrati in camera da letto, si sono scambiati un bacio. Lei ha chiesto di spegnere le luci: essendo scaduta, non era più un fiorellino, desiderava spogliarsi al buio. Per discrezione la mia cronaca saltava al risveglio. È lo sposo il primo ad aprire gli occhi, lei dorme ancora, voltata dall’altra parte. È l’alba, un filo di luce filtra dalla finestra, lui, non dimentichiamocelo, è un poliziotto, ha modo di notare sulla schiena nuda della sua signora, in alto a destra, una macchia più scura. L’ipotesi che si tratti di una voglia è esclusa: la macchia ha la forma e le dimensioni di un biglietto da visita e lascia intravedere una scritta su due righe. Nella penombra, per quanti sforzi faccia, il novello sposo non riesce a leggere cosa c’è scritto. Recupera il cellulare dal suo tavolino da notte, accende la luce, l’accosta e legge. La prima riga contiene i dati della sposa: «Contessa X Y, nata a …, il …, residente a …». Sulla seconda riga un avviso: «Da consumarsi preferibilmente entro il …» La data di scadenza è di un mese fa, il matrimonio è stato celebrato ieri. Lo sposo spegne il cellulare e torna a sistemarsi sotto le coperte. Una valanga di domande senza risposta affolla la sua mente. Perché le contesse si consumano e le baronesse no? Si può rigenerare una contessa scaduta? Scoprire dopo il matrimonio che la moglie è scaduta può essere una causa valida per ottenere l’annullamento? Con questa raffica di domande si concludeva un servizio che, lo dico senza falsa modestia, ha scatenato un dibattito e delle reazioni tali che gli garantiranno un posto nella storia del giornalismo.
Te l’aspettavi tutte queste reazioni?
In parte sì. Ero sicuro che si sarebbero attivati i nostri grandi opinionisti: Massimo Recalcati, Vito Mancuso, Massimo Cacciari e tanti altri. Mi ha lusingato la disamina di un presidente emerito della Corte Costituzionale. Secondo il suo autorevole parere il Tribunale della Sacra Rota avrebbe respinto la richiesta di annullamento con due motivazioni. La prima è riferita all’avverbio «preferibilmente» che autorizza il consumo della contessa anche dopo la data di scadenza. La seconda motivazione sta tutta nell’uso del verbo «consumare», usato sia nell’avvertenza affissa sulla schiena della de cuius che in una delle cause che autorizzano l’annullamento delle nozze presso la Sacra Rota, quella del matrimonio «rato e non consumato».
E delle pubbliche manifestazioni cosa mi dici…
Quelle sì, mi hanno sorpreso. È nato un movimento femminista all’insegna dello slogan «Siamo tutte contesse scadute». In rete le influencer hanno fatto a gara nel mostrare le spalle nude tatuate con l’avviso e una data di scadenza molto arretrata nel tempo.
Ieri però sul più autorevole quotidiano italiano un lettore sostiene la tesi che tutto nasce da un semplice equivoco, che anche i suoi studenti fanno confusione fra scaduto e decaduto. Il tuo poliziotto avrebbe perciò sposato una contessa decaduta. La cosa ti preoccupa?
Ma figuriamoci! L’ha scritta un insegnante precario di un paese della Calabria. È il solito frustrato in cerca di notorietà. Scommetto che ha pronta nel cassetto una raccolta di poesie. La sua non è una vera fonte.