La confiserie-tearoom Baechler a Bulle

/ 17.01.2022
di Oliver Scharpf

Un cane da caccia stringe una pernice in bocca, il cacciatore semi inginocchiato tende le mani verso la preda; lì a fianco, seduto sul divanetto in pelle color ciliegia, azzanno la mia cuchaule. Deliziosa brioche allo zafferano, specialità del canton Friburgo, la cui superficie bruneggiante è intagliata a losanghe e viene nominata per la prima volta nel 1558. Più in là, accanto alla mia spalla sinistra, altri sei cacciatori tra i canneti, tre cani, due pernici in volo. Di fronte, la scena di caccia panoramica, riproduzione di una carta da parati del 1831 opera di Jean Julien Deltil (1791-1863), si riflette nello specchio di fronte assieme agli avventori di un mattino inoltrato ai primi di gennaio nella confiserie-tearoom Baechler (771 m) a Bulle. Capoluogo della Gruyère ai piedi delle prealpi friburghesi dove al numero undici della Grand-Rue, dal 1825 si trova questa pasticceria il cui tearoom è parte integrante. Tre tavolini infatti sono nella parte negozio, undici qui dove mi sono accampato dalle dieci e ventisette. Fiocchi di neve, andirivieni, molti attratti dalle corone dei magi in vetrina e dalle galettes des rois dorate che qui chiamano pithiviers. Bis cuchaule versione mini – il peso massimo è un chilo e cento secondo il regolamento della denominazione di origine protetta ottenuta nel 2008 – che mi procaccio adesso. Studio così, al contempo, mentre ho già ordinato un altro caffè, il resto del repertorio in cui spicca il rosa optical dei millefoglie. Due amiche ne dividono uno: con mano esperta una prima di tagliarlo, lo cappotta su un fianco. Qui accanto un tipo di mezza età fa colazione tardi con sandwich al prosciutto e caffèlatte, una signora con un pomerania in grembo è immersa nel suo vermicelles. Siamo tutti riflessi nello specchio, entrando così a far parte del paesaggio bucolico con cielo sfumato, ponte di pietra con quattro bambini sul bordo che guardano un cervo scappare, querce, campanile, mandriana, tre mucche, cacciatori a cavallo.

Questa carta da parati panoramica della gloriosa manifattura Zuber – fondata nel 1797 a Rixheim, in Alsazia, dov’è tuttora attiva in un ex castello di cavalieri teutonici – è una re-edizione originale del pittore-decoratore locale Paul Cesa. L’inventore misconosciuto, a quanto pare, del papier-rocher, la carta-roccia utilizzata per molti presepi, che qui, guardando da vicino, ha dato delle pennellate per ravvivare il décor d’altri tempi, ispirato da un disegno di Carle Vernet (1758-1836): pittore francese specializzato in cavalli. Le specialità qui sono il gâteau bullois e gli adoua ma continuo a pensare al millefeuille, antica passione perduta. Ben si accorda, al cielo-kitsch, l’orlo del soffitto color pistacchio chiaro, mentre per i tavolini, va detto, avrebbero fatto meglio a lasciare quelli in legno originari visti in foto non so più dove. Meno male, almeno il resto del décor in simil-radica è rimasto. Rimarchevole il particolarissimo schienale a zig zag di legno che corre per tutta la lunghezza della scena di caccia edulcorata per sale da pranzo di case borghesi.

Il tragitto a zig zag lo si ritrova anche in basso, movimentando tutta la via di fuga del divanetto. Da dove inquieto mi alzo per via degli adoua. Cioccolatini grandi tipo barrette, avvolti in carta argentata: gianduia alleggerito, quasi arioso che mi ricorda le mitiche tavolette di cioccolato «aerato» Frione. Non male, mi aspettavo di più però, visto il nome etiopico suadente e l’origine ottocentesca legata al confiseur Louis Remy. Il fondatore di questo luogo passato poi a Baechler nel millenovecentocifola e oggi in mano a Fragnière e Menoud. È l’ora del gâteau bullois: una specie di Nusstorte grigionese con aggiunta di miele e ricoperta di cioccolato. Ottima ma non ne vado matto.

Dopo un giro a Bulle, con il sole uscito a mostrare scorci di pinete appena spolverate di neve e prealpi tutte innevate, ritorno per il millefeuille. La mia vocazione per questo pasticcino strutturato in tre strati di pasta sfoglia e due di crema pasticcera con glassa rosa ricamata in punta di coltello – semplici striature a effetto marezzato-magnetico – è ritrovata. E in treno, aprendo la confezione d’epoca argentea degli zwieback, dove oltre al disegno in blu del castello di Bulle spunta scritto confiserie Remy, scopro forse così, a merenda, la vera specialità insospettata.