Cosa mostrare ai ragazzi di oggi perché si facciano un’idea di com’era l’Italia negli anni ’60, quelli del boom? Non ho dubbi: gli spot di Carosello, l’unica pubblicità ammessa dalla Rai Tv, quando era un monopolio. Il primo andò in onda il 4 febbraio del 1957 e per molti anni le agenzie pubblicitarie si affidarono ai testimonial per il lancio di un prodotto.
Si è scritto molto su Carosello e non è il caso di tornare su cose risapute. Parliamo piuttosto di retroscena, prendendo spunto dal libro di Katia Ferri, Spot Babilonia, pubblicato da Lupetti&Co. nel 1988. La televisione, nata tre anni prima di Carosello, era una novità presa tremendamente sul serio dagli italiani. In uno spot per la China Martini Franco Volpi recitava nel ruolo di un colonnello rimbambito e un vero colonnello fece causa per diffamazione. Pesco dai miei ricordi di programmista. Nello sceneggiato che rievocava un processo storico, al termine di un dibattito il cancelliere aiutava il giudice a indossare il soprabito. Vibrate proteste del sindacato cancellieri: siamo anche noi laureati in giurisprudenza come i giudici e non facciamo i loro lacchè.
Altro sceneggiato: stazione di polizia. In piena notte un poliziotto è seduto accanto al telefono pronto a raccogliere la segnalazione dell’incidente stradale che darà il via a tutta la vicenda. Per non lasciarlo imbambolato la regista Giuliana Berlinguer lo mette a compilare una schedina del totocalcio. Non conta che il giovane scatti come una molla al primo squillo: un poliziotto in servizio non compila schedine, la scena è da rifare.
Per gli attori di teatro e di cinema, comici da rivista, cantanti, soubrette, da soli o in coppia, in quegli anni Carosello fu una benedizione dal punto di vista economico, senza contare il grande balzo di notorietà che procurava. Possiamo rivedere il futuro premio Nobel Dario Fo mentre, in coppia con Franca Rame, interpreta il ruolo di Jack il biondo che insegue i ladri e li raggiunge con un macinino, grazie al pieno di Supercortemaggiore.
La partecipazione a Carosello aveva talvolta un risvolto negativo per quei testimonial che finivano per essere identificati dal pubblico con il prodotto reclamizzato. Paolo Ferrari era stato, in coppia con Tino Buazzelli, il protagonista della serie dedicata a Nero Wolfe. Poi, con enorme successo, era stato messo vicino alla cassa di un grande magazzino e lì, con la tecnica di Specchio segreto, cioè con cinepresa e microfono nascosti, interpellava le signore che uscivano con un carrello nel quale c’era anche un fustino di Dash. Lo afferrava con una mano mentre nell’altra teneva due fustini della stessa dimensione senza marchio: proponeva lo scambio, due al posto di uno, con la signora che senza esitare rifiutava la proposta. Da allora il povero Ferrari non ha più lavorato in tivù.
In preparazione di un nuovo sceneggiato si svolgeva in viale Mazzini una riunione per decidere la distribuzione, assegnando a ogni ruolo il nome di uno o una interprete. Ricordo che quando qualcuno dei presenti proponeva il suo nome, c’era sempre la replica: qualunque cosa faccia, gli spettatori lo vedono con un fustino di detersivo in mano.
Altri testimonial hanno trovato rifugio nel teatro, come Ernesto Calindri che gustava un Cynar beatamente seduto a un tavolino collocato in mezzo al traffico romano. Nel 1959 Cesare Polacco è l’ispettore Rock che risolve tutti i casi. Alla lode del suo vice: «Lei non sbaglia mai» replica, inchinandosi e togliendosi il copricapo in modo da mostrare la calvizie: «Anch’io ho commesso un errore, non ho usato la brillantina Linetti». La battuta ha un successo che ora diremmo virale.
Un ricordo: Milano, teatro di via Rovello, replica pomeridiana del Galileo di Bertolt Brecht, regia di Giorgio Strehler. Cesare Polacco entra in scena nel ruolo di un cardinale, con un grande copricapo di pelliccia, ma purtroppo per lui ha una voce inconfondibile. Così, alla prima battuta, ogni spettatore si rivolge al proprio vicino dicendo «È l’ispettore Rock».
Qualcuno la scampa anche se continua a essere inseguito dal fantasma del suo Carosello. Nino Castelnuovo è stato Renzo Tramaglino nei Promessi sposi diretti da Sandro Bolchi. Anni dopo ha fatto il testimonial per l’olio Sasso nel quale saltava con estrema disinvoltura una staccionata. Passa un altro po’ di anni, sono con lui a Volterra, dove giriamo gli esterni di Ritratto di donna velata. Sono in molti a riconoscerlo: indovinate cosa gli chiedono di ripetere?
I direttori della Rai accettarono i primi gialli a condizione che fossero ambientati all’estero. Nasce il tenente Sheridan. Ubaldo Lay entra così bene nei suoi panni da portarli anche nella vita. Fece l’errore di portare il personaggio dentro gli spot. Tornò a recitare in teatro e a Roma ogni volta dalla platea partiva una pernacchia seguita dall’invito: «A’ Sheridan, scopri chi è stato!».